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Ue: servono politiche e (soprattutto) finanziamenti contro lo spopolamento.

Piuttosto di buttare miliardi in programmi europei destinati a impoverire l’Ue, come, il ReArm, in una Unione sempre meno popolata e avviata verso il freddo “inverno demografico”, servono politiche contro lo spopolamento, a partire dalle aree rurali dell’Ue.

Aree che occupano oltre l’80% del territorio dei 27 Paesi membri, considerate – fino a qualche tempo fa – come un modello sostenibile di vita e di attività economica, in grado di dare un contributo determinante. Tuttavia, le sfide odierne hanno acuito le difficoltà che queste regioni affrontano, come il calo demografico, la scarsa connettività e l’accesso limitato a servizi fondamentali, a partire dalla progressiva chiusura delle scuole nei piccoli centri e l’aumento delle cosiddette Rsa per anziani.

Inoltre, la visione a lungo termine per le aree rurali dell’UE, che delinea linee guida per rendere queste regioni più forti, interconnesse, resilienti e prosperose entro il 2040, ha sottolineato l’urgenza di un fondo specifico per sostenere questi territori.

Tuttavia, le istituzioni europee – cerchiamo di andare oltre gli slogan – non sembrano cogliere la portata delle sfide che si presentano, con conseguente inadempimento nella gestione dei fondi destinati al contrasto dello spopolamento, come dimostrato dal fatto che nel 2024 metà dei fondi europei previsti sono rimasti inutilizzati.

In questo contesto, la Commissione Europea continua a non rispondere ad alcune domande cruciali, a partire su come si vogliono affrontare le disuguaglianze che affliggono le regioni rurali e se le sfide rurali debbano essere affrontate a tutti i livelli dell’amministrazione pubblica, da quello europeo a quello locale.