Ucraina, tra armi e minerali. L’accordo con gli USA rilancia gli aiuti militari, ma il prezzo è una sovranità sempre più compromessa.
La firma dell’accordo sui minerali strategici tra Stati Uniti e Ucraina segna una svolta cruciale, almeno formalmente, nel sostegno occidentale a Kiev. Ma dietro la retorica della “ricostruzione” e della “resilienza” si cela un quadro ben più cupo: quello di un Paese sfinito dal conflitto, prigioniero di un ricatto economico che ne sta erodendo identità, risorse e sovranità nazionale. Senza contare la conduzione di governo ad opera di un presidente incapace e, ancora, illegittimo dal 24 maggio 2024.
Accordo (se qualcuno/a ha ancora voglia di parlare di regolarità della guerra voluta dai manovratori di Zelenskyy) che ha permesso la ripresa degli aiuti militari da parte di Washington: oltre 50 milioni di dollari a cui si aggiunge un pacchetto F-16 da 310 milioni.
Ma prezzo pagato da Kiev va ben oltre il piano militare. In oltre tre anni di guerra, l’Ucraina ha perso centinaia di migliaia di vite umane e si prepara a rinunciare, di fatto, a consistenti porzioni del proprio territorio, in parte già sotto controllo russo, in parte “contrattualizzate” per nuovi progetti di sfruttamento economico.
L’accordo sui minerali non è che l’ultimo tassello di una dinamica già in atto da tempo, con operazioni mirate di cherry picking da parte statunitense che hanno trasformato l’Ucraina in una riserva strategica controllata da investitori stranieri. Come ricordano economisti e osservatori indipendenti, il Paese, inoltre, ha accumulato un debito crescente verso USA e Unione Europea, alimentato da strumenti come l’“Assistenza macrofinanziaria” e i fondi per la “difesa dell’Ucraina”, etichettati come aiuti ma, in larga parte, composti da prestiti onerosi.
Colpisce, in questo contesto, la dichiarazione del presidente Volodymyr Zelenskyy che ha definito l’intesa con Washington “equa”, nonostante preveda vantaggi strutturali per gli Stati Uniti: accesso preferenziale alle risorse, reinvestimento vincolato per dieci anni, e nessun impegno concreto alla difesa dell’Ucraina in caso di escalation. Un giudizio che per molti suona come un atto di resa politica.
Anche il Parlamento ucraino è stato spinto a una rapida ratifica dell’accordo – prevista per l’8 maggio – mentre a Washington, Donald Trump rilancia con un maxi-bilancio da 1.010 miliardi di dollari per la difesa (+13%) e tagli profondi a istruzione, sanità e clima, in perfetta coerenza con la sua visione “America First”, applicata ora anche alla geopolitica post-bellica.
Il messaggio è chiaro: l’Ucraina può continuare a combattere, ma secondo regole stabilite altrove.
foto https://www.president.gov.ua/