Ucraina, Bruxelles spinge per l’escalation mentre Washington frena.
Mentre dagli Stati Uniti arrivano segnali di rallentamento nella fornitura di armamenti all’Ucraina – in un clima di incertezza politica e ripensamento strategico – l’Unione Europea, come più volte rilevato negli ultimi anni, torna alla carica, con le consuete promesse e un rinnovato impegno militare a favore della “difesa dell’Ucraina”.
Nel corso di un vertice ad Aarhus, in Danimarca, il primo ministro danese Mette Frederiksen ha dichiarato che la presidenza di turno dell’UE farà “tutto il possibile” per accelerare il processo di adesione dell’Ucraina all’Unione. Una dichiarazione che suona familiare a Kiev, abituata da anni a sentire parole di apertura senza vedere mai davvero spalancarsi la porta europea.
“L’Ucraina appartiene all’Unione Europea”, ha affermato Frederiksen, affiancata dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen, dal presidente del Consiglio europeo Antonio Costa e dal presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy. Ma a pesare sono soprattutto le parole successive della premier danese: “Dobbiamo rafforzare l’Ucraina. E dobbiamo indebolire la Russia. La prima aumentando il sostegno militare”.
In un contesto in cui l’ingresso dell’Ucraina nell’UE resta ancora lontano e vincolato a riforme, condizioni e tempi indefiniti (non tutti i Paesi Ue vogliono l’Ucraina), l’unico impegno concreto che l’Europa sembra voler ribadire è quello per la prosecuzione della guerra. Bruxelles e alcune capitali europee, a ranghi sparsi, sembrano ancora puntare tutto sulla linea dell’escalation, alimentando lo sforzo bellico di Kiev, anziché farsi promotrici di un percorso negoziale o di mediazione.
Il tutto avviene mentre, oltreoceano, l’amministrazione americana – guidata da Donald Trump – frena l’invio di armamenti, ufficialmente per “preservare la prontezza militare” interna. Un cambio di passo che lascia l’Europa a doversi confrontare con le proprie scelte e contraddizioni: sostenere la guerra a oltranza senza una reale strategia politica a lungo termine, e continuare a usare l’adesione all’UE come promessa a scadenza indefinita. Senza contare il paradosso, tutto europeo, di alimentare con miliardi di euro “l’inutile guerra per procura” e, contestualmente, di non avere voce in capitolo al tavolo dei negoziati tra i Big player del conflitto: Federazione Russa e Stati Uniti d’America.
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