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Social media e salute mentale: la Commissione UE punta a tutelare i giovani?

L’impatto negativo dei social media sulla salute mentale dei gruppi più vulnerabili, in particolare adolescenti, è tornato al centro del dibattito europeo, come ricorda l’interrogazione presentata dall’eurodeputata Liesbet Sommen, intervenuta per chiedere chiarimenti sulle misure previste per contrastare gli effetti nocivi delle piattaforme digitali, in vista della proposta di legge sulla “Digital Fairness”.

La richiesta arriva in un contesto preoccupante: il 96% dei giovani europei utilizza quotidianamente internet, e casi tragici come i suicidi di due adolescenti esposti a contenuti sull’autolesionismo e il suicidio su TikTok hanno acceso i riflettori sull’algoritmo delle piattaforme. Un’indagine di Amnesty International, inoltre, ha denunciato il ruolo di TikTok nella diffusione di contenuti che idealizzano il suicidio e promuovono disturbi alimentari tra i minori con fragilità psicologiche.

Nella sua risposta, la Commissione ha confermato che la protezione dei gruppi vulnerabili nello spazio digitale è una priorità politica. Nel merito, l’Esecutivo von der Leyen intende avviare un’indagine su scala europea sugli effetti dei social media sulla salute mentale dei giovani, in linea con le linee guida politiche 2024–2029. Tra le iniziative annunciate figurano anche un nuovo piano d’azione contro il cyberbullismo e l’aggiornamento della strategia europea per la parità delle persone LGBTIQ+.

Attualmente, il Digital Services Act impone già alle grandi piattaforme online obblighi stringenti per identificare e mitigare i rischi sistemici, come la diffusione di contenuti dannosi per i minori. Inoltre, le normative UE a tutela dei consumatori riconoscono i minori come utenti vulnerabili, anche rispetto alla pubblicità e agli acquisti nei videogiochi.

La Commissione ha infine annunciato che la proposta legislativa per il Digital Fairness Act è attesa per la seconda metà del 2026. Il testo punterà a rafforzare la protezione dei minori online, intervenendo su pratiche scorrette come i “dark patterns”, il design digitale che crea dipendenza, il marketing ingannevole degli influencer e la personalizzazione manipolativa dei contenuti.

foto Gerd Altmann da Pixabay.com