Siria, attacco alla chiesa di Mar Elias: l’UE condanna il terrorismo ma continua a finanziare il governo guidato dal bombarolo Al-Jolani.
L’Unione Europea ha condannato con parole dure l’attentato terroristico del gruppo Daesh (ISIS), che ha colpito la chiesa greco-ortodossa di Sant’Elia, nel quartiere di Dwelah a Damasco (Siria), causando numerose vittime. Ma dietro le dichiarazioni ufficiali si apre un inquietante paradosso: mentre l’UE esprime “profonda preoccupazione” per la violenza settaria in Siria verso cristiani e alawiti, continua a destinare fondi milionari (circa 2,5 miliardi di euro) a un governo guidato, di fatto, da una leadership tutt’altro che estranea a legami con il terrorismo.
2,5 miliardi di euro, meglio rimarcarlo, stanziati nel contesto del sostegno alla “transizione siriana”, che finirà in larga parte nelle mani dell’amministrazione de facto guidata da Abu Mohammad al-Jolani, ex leader di al-Nusra (emanazione siriana di al-Qaeda) e, anche questo meglio ricordarlo, uomo solo al comando della Siria.
Nonostante il suo passato da “bombarolo” e il fatto che numerosi Paesi, incluso lo stesso Consiglio di Sicurezza ONU, lo considerino tuttora un terrorista, Bruxelles continua, però, a dialogare con questa realtà, giustificandosi con l’urgenza umanitaria e la necessità di “proteggere i civili”. Se non è doppiezza e follia questa…
Parole come quelle pronunciate ieri dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che ha parlato di “violenza vile e codarda”, e dall’Alto rappresentante dell’Ue, Kaja Kallas, rischiano così di suonare vuote, se non ipocrite.
Al di là delle condanne di circostanza, sempre meno apprezzate in un contesto internazionale sempre più cinico e geopoliticamente incasinato, l’Europa continua invece a non voler chiudere i rubinetti finanziari, nemmeno davanti all’evidenza, verso Paesi irrispettosi dei diritti umani e dello Stato di diritto. C’è quindi “poca preoccupazione da esprimere”, care Ursula e Kaja. È ora di fermare i fondi alla Siria, soprattutto se finiscono sotto il controllo di chi ieri indossava il giubbotto esplosivo e che oggi, perchè fa comodo, serve per la “ricostruzione”.
foto Army Sgt. Griffin Payne