Europa

Siria, anni di sangue e silenzio: dall’ombra di Assad al caos con Al Jolani, mentre continua la persecuzione delle minoranze.

Nonostante la caduta del regime di Bashar al-Assad fosse stata salutata a lungo come la fine di una dittatura, la Siria si è trasformata in una polveriera senza tregua, con oltre un decennio di guerre, repressioni e stragi di civili. Gli ultimi episodi di violenza nel sud del Paese, condannati in queste ore dall’Unione Europea, riaccendono i riflettori su una crisi che, lungi dal trovare soluzioni, continua a mietere vittime innocenti.

In una nota ufficiale, la portavoce dell’Alto Rappresentante UE, ha espresso la solita “ferma condanna” per i recenti attacchi e gli scontri armati che hanno provocato decine di morti, chiedendo la fine immediata delle violenze, il rispetto del diritto internazionale e l’accesso senza ostacoli degli aiuti umanitari. L’UE ha anche invocato un’inchiesta rapida, trasparente e imparziale per assicurare alla giustizia i responsabili.

Ma dietro le parole delle istituzioni europee, si fa sempre più evidente il fallimento di un’intera strategia internazionale. Dopo aver combattuto duramente il regime di Assad, tacciato di autoritarismo e oppressione, gran parte dei governi occidentali ha appoggiato – direttamente o indirettamente – il consolidamento del potere di Abu Mohammad al-Jolani, leader jihadista riciclatosi come figura politica moderata. Un uomo che, nonostante il sostegno delle cosiddette democrazie occidentali, non ha fermato né il bagno di sangue né la persecuzione sistematica delle minoranze etniche e religiose.

Tra le comunità più colpite restano infatti gli alawiti – il gruppo religioso da cui proviene lo stesso Assad – e i cristiani, oggetto di violenze e discriminazioni, spesso ignorate nel nome di una transizione che si è rivelata tutt’altro che inclusiva. In questo contesto, la richiesta dell’UE affinché le autorità “transitorie” si assumano la responsabilità di garantire sicurezza e diritti appare quasi ironica, se non tragica: la realtà è che quelle stesse autorità, in molti casi, sono corresponsabili del caos attuale.

La nota europea chiude con un richiamo alla necessità di giustizia e riconciliazione nazionale e invita Israele (impegnata a bombardare la Siria e a fare carne di porco della Striscia di Gaza e del Libano del sud) a rispettare l’accordo di disimpegno del 1974, sottolineando il rischio che incursioni e attacchi esterni aggravino ulteriormente le tensioni settarie e mettano in pericolo qualsiasi prospettiva di pace.

Parole che suonano come un’ammissione tardiva: dopo anni di ingerenze e alleanze sbagliate, la Siria resta un teatro di dolore e instabilità, dove a pagare il prezzo più alto sono sempre i più vulnerabili.

foto Car Loss Voniya da Pixabay.com