Sardegna

Siccità nella Nurra, l’allarme del Centro Studi Agricoli: “Subito indennizzi agli agricoltori danneggiati”.

Il Centro Studi Agricoli (CSA) lancia un appello urgente alla Regione Sardegna per fronteggiare l’emergenza siccità che sta colpendo duramente il Nord-Ovest dell’isola, in particolare l’area della Nurra. A guidare la richiesta sono Tore Piana e Stefano Ruggiu, presidente e vice presidente del CSA, che chiedono l’approvazione immediata di una legge regionale per indennizzare le aziende agricole impossibilitate a coltivare a causa della mancanza d’acqua.

La crisi idrica è resa drammatica dai bacini del Cuga e del Temo ormai a secco. Il Consorzio di Bonifica della Nurra ha annunciato restrizioni totali per le coltivazioni di angurie, meloni e mais, mentre è consentita l’irrigazione solo per alcune colture selezionate. Una decisione che, secondo il CSA, mette in ginocchio decine di aziende agricole che avevano regolarmente presentato richiesta irrigua.

“Il danno economico per gli agricoltori è gravissimo — dichiarano Piana e Ruggiu — e non possiamo accettare che i ristori siano inseriti nel regime “de minimis” previsto dal decreto legislativo 102 sugli aiuti di Stato, che prevede criteri complessi e tempi lunghissimi per la liquidazione”. Il CSA propone invece una “leggina regionale” composta da soli tre articoli, che preveda rimborsi una tantum per ettaro non coltivato, calcolati sulla base della Produzione Lorda Vendibile (PLV) per singola coltura. La proposta prevede che la misura venga preliminarmente discussa con la Commissione Europea a Bruxelles, per poi essere approvata dal Consiglio Regionale.

Secondo il Centro Studi Agricoli, questo meccanismo permetterebbe di superare l’impasse burocratica e garantirebbe l’erogazione dei fondi agli agricoltori entro un massimo di tre mesi.

Infine, il CSA rilancia la richiesta di destinare il bacino del Cuga esclusivamente all’uso irriguo, consentendo l’invaso delle acque depurate provenienti dal depuratore di Sassari durante tutto l’anno. “Non ha senso continuare a scaricare in mare le acque depurate per otto mesi su dodici. È una pratica insostenibile, che oggi non è più tollerabile”, concludono Piana e Ruggiu.