Sardegna, la trasparenza promessa resta un miraggio: commissioni blindate e fondi distribuiti senza criterio.
Un anno dopo l’insediamento, la maggioranza Todde replica gli stessi vizi delle passate legislature. Promesse di trasparenza disattese, fondi pubblici elargiti senza controllo e un Consiglio regionale che lavora col contagocce.
La tanto sbandierata “stagione della trasparenza” promessa dalla presidente della Regione Sardegna, Alessandra Todde, e dalla sua maggioranza, infatti, sembra essere rimasta sulla carta. Dove sono finite le urlatrici della XVI Legislatura?
A più di un anno dalle elezioni regionali, ancora, le riunioni delle commissioni consiliari continuano a svolgersi a porte chiuse: possono partecipare solo i consiglieri e, di volta in volta, le espressioni del territorio invitate in audizione. I giornalisti? Ancora esclusi, come nelle legislature precedenti e l’unica concessione, come nel passato, resta unicamente un fugace giro per scattare foto e girare qualche video a inizio seduta. Insomma, il regolamento consiliare (ricordiamo l’esistenza dell’articolo 52 agli incapaci consiglieri/e) resta blindato a prova di trasparenza.
Un’anomalia grave in un’epoca che, almeno a parole, dovrebbe puntare sulla partecipazione e sul controllo pubblico. Una democrazia solo di fatto che stride con le promesse di cambiamento e trasparenza fatte dalla stessa maggioranza al momento dell’insediamento e ribadite in numerosi interventi pubblici.
Come sottolineato ieri dal portale Sardegnagol, l’attuale governo regionale, nella gestione dei fondi pubblici, si è mosso in perfetta continuità con le tanto contestate giunte precedenti: oltre 178 milioni di euro sono stati distribuiti — con l’ultima manovra finanziaria — a comuni, parrocchie e associazioni legate ai vari partiti di maggioranza (e in percentuale ridotta a quelli della minoranza, sarà per questo che non esiste più una opposizione in Consiglio?), senza criteri trasparenti o bandi pubblici. Una pioggia di contributi ad personam che, ancora una volta, solleva dubbi sulla reale equità nell’assegnazione delle risorse regionali.
E non finisce qui. Nel precedente assestamento di bilancio, approvato a novembre 2024, sono stati stanziati altri 22 milioni, anch’essi gestiti con scarsa trasparenza e in modo poco tracciabile. Risorse pubbliche che, invece di essere pianificate strategicamente, continuano a essere elargite secondo logiche discutibili, in barba alle richieste di riforma da più parti provenienti.
Minimo comune denominatore per i fortunati beneficiari degli emendamenti puntuali del Consiglio regionale, l’assenza della minima rendicontazione e pubblicazione dei risultati delle iniziative sul sito del Consiglio regionale della Sardegna dove, paradossalmente, sono tenute a pubblicare la rendicontazione solo le organizzazioni che hanno ricevuto contributi (peraltro poche migliaia di euro) seguendo una procedura ad evidenza pubblica. L’assurdo è servito!
Nel frattempo, a rendere il quadro meno piacevole, il Consiglio regionale lavora poco. I dati parlano chiaro: appena 15 ore di lavoro in Aula da inizio legislatura sono state dedicate alla discussione dei problemi concreti dei sardi. Un tempo irrisorio se confrontato con la mole di emergenze che affliggono l’isola, dalla sanità alla scuola, dal lavoro ai trasporti. Anche, qui, dove sono finiti gli interventi al vetriolo delle urlatrici della XVI Legislatura?
Dunque, la fotografia dell’attuale legislatura regionale sarda resta impietosa: promesse mancate, opacità nei processi decisionali e fondi pubblici gestiti con criteri discutibili. Una continuità politica che delude le aspettative dei cittadini e relega il concetto di trasparenza a semplice slogan da campagna elettorale.