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Sardegna: grandi progetti e disagi quotidiani.

In Sardegna si sogna in grande, almeno sulla carta. Si parla di progetti avveniristici, come l’Einstein Telescope di Sos Enattos destinato (con molta difficoltà) a studiare le onde gravitazionali nel cuore della Barbagia. Un progetto internazionale che, nelle intenzioni, dovrebbe posizionare l’isola al centro della ricerca mondiale. Eppure, mentre si fantastica di scienza d’avanguardia, la realtà quotidiana nell’isola continua a restituire l’immagine di una regione dove sono insufficienti perfino i servizi basilari. Si fatica persino ad avere l’energia elettrica o l’acqua potabile in diverse zone della Sardegna (non parliamo della rete internet) ma non mancano le promesse ipertrofiche della classe dirigente locale, il cui unico obiettivo è (per vocazione), il breve periodo e la riconferma elettorale.

Mentre si rincorrono conferenze stampa, annunci e piani strategici per attrarre fondi e prestigio, la Sardegna si conferma, ogni estate, alle prese con blackout che paralizzano paesi interi. È accaduto di recente nel centro dell’isola e in Ogliastra, e prima ancora nel nord Sardegna, dove — a rendere la situazione ancor più grottesca — centinaia di turisti e operatori alberghieri si sono trovati senz’acqua potabile. L’unica soluzione? Le autobotti. Uno scenario più da Paese in via di sviluppo che da terra proiettata a diventare “l’isola della ricerca e dell’innovazione” in Europa.

Le cause sono ben note, e non hanno nulla di “imprevisto”: la rete elettrica è vecchia, fragile, sotto-dimensionata. Le aziende elettriche, che pure incassano regolarmente da bollette sempre più care, preferiscono tagliare sulla manutenzione e sul personale. Non si fanno nuovi investimenti, non si modernizzano gli impianti, si esternalizzano servizi fondamentali perdendo controllo e qualità. E quando le temperature salgono, invece di garantire un servizio essenziale come l’energia ci si limita a dare la colpa al “caldo eccezionale” e all’uso smodato dei climatizzatori.

La verità è che i blackout non piovono dal cielo. Sono il risultato diretto di precise scelte industriali sbagliate, fatte da chi ha una concessione pubblica. In Sardegna, però, chi gestisce la distribuzione dell’energia elettrica preferisce far quadrare i conti aziendali piuttosto che garantire un servizio affidabile.

A rimarcarlo, oggi, anche i sindacati del settore elettrico FILCTEM-CGIL, FLAEI-CISL e UILTEC-UIL: “Denunciamo da anni questo modello di gestione che penalizza territori come la Sardegna, dove il diritto all’energia è sempre più un privilegio stagionale. Da oltre diciotto mesi sono in corso mobilitazioni e scioperi dei lavoratori di e-distribuzione, inascoltati da chi dovrebbe vigilare. Eppure la rete elettrica è un bene strategico, e chi ha la concessione per gestirla dovrebbe rispondere non solo agli azionisti, ma anche e soprattutto ai cittadini. È ora che le istituzioni – governo, Regione, comuni – tornino a fare il loro dovere: vigilare, controllare, pretendere. Perché non è accettabile parlare di sviluppo, ricerca e futuro quando non si riesce neppure a garantire l’acqua potabile ai turisti o la corrente ai negozianti”.

Insomma, finché non ci sarà un vero piano di investimenti per l’ammodernamento della rete e una riorganizzazione del servizio di distribuzione, continueremo a oscillare tra la retorica dei grandi progetti e il buio reale dei piccoli comuni. E continueremo, ogni estate, a pagare il prezzo di una modernità che, in Sardegna, resta spesso solo una promessa da comunicato stampa.