Sardegna

Sanità, infarto: seguiti da infermieri esperti i pazienti riducono del 30% il rischio di recidiva.

Seguire un programma di prevenzione secondaria gestito da infermieri esperti può fare la differenza per chi ha già avuto un infarto: il rischio di recidiva si riduce del 30%, secondo quanto emerge dal progetto di ricerca “Allepre”, coordinato dall’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma e condotto in sette centri cardiologici dell’Emilia-Romagna.

Lo studio, durato cinque anni, ha coinvolto oltre 2.000 pazienti con l’obiettivo di valutare l’efficacia di un percorso strutturato post-infarto gestito principalmente da personale infermieristico specializzato, in collaborazione con i medici.

“Si tratta di un esempio virtuoso di sanità integrata e di rete, reso possibile dalle competenze diffuse sul nostro territorio”, ha commentato l’assessore regionale alle Politiche per la salute, Massimo Fabi. “Una riduzione del 30% delle recidive non solo migliora la qualità di vita dei pazienti, ma consente anche un alleggerimento significativo della pressione sul sistema sanitario. Gli infermieri, in questo contesto, si confermano fondamentali nella presa in carico continuativa e nella gestione personalizzata della cronicità”.

I pazienti, con un’età media di 64 anni, sono stati suddivisi in due gruppi: uno ha ricevuto l’assistenza standard, l’altro è stato seguito attraverso un programma personalizzato composto da nove sessioni individuali. In queste sedute, gli infermieri hanno monitorato il rischio cardiovascolare e fornito indicazioni su dieta, fumo, attività fisica e aderenza terapeutica, con il supporto di un’équipe multidisciplinare formata da diabetologi, nutrizionisti, psicologi e specialisti antifumo.

Circa 1 paziente su 4, dopo un infarto, interrompe le terapie nel primo anno. E il rischio di un secondo evento cardiovascolare entro due anni oscilla tra il 20 e il 30%. Il modello adottato dal progetto “Allepre” ha dimostrato di migliorare sensibilmente la prevenzione secondaria, rendendo più efficace la gestione della fase post-acuta grazie al coinvolgimento attivo e continuativo degli infermieri.

“Il valore aggiunto di questa ricerca – conclude Fabi – sta nell’approccio integrato: l’infermiere come figura chiave nella relazione col paziente e nella promozione di comportamenti salutari, in sinergia con specialisti e strutture del territorio. Un modello che intendiamo promuovere e replicare a livello regionale e nazionale”.