Rientro dei rifugiati siriani, Commissione Ue: “Nessun registro europeo”.
La Commissione europea prende posizione sulla questione del possibile rimpatrio su larga scala dei rifugiati siriani presenti nell’Unione. In risposta a un’interrogazione scritta degli eurodeputati Emmanouil Fragkos e Galato Alexandraki (ECR), che chiedevano un piano di identificazione e rientro dei cittadini siriani accolti in Europa dal 2015 in poi, l’esecutivo Ue ha dichiarato di non disporre, ad oggi, di un registro centralizzato dei siriani presenti nel territorio dell’Unione, né prevede di istituirne uno, lasciando ai singoli Stati membri la gestione delle informazioni personali sui beneficiari di protezione internazionale.
Secondo i deputati (a ragione peraltro), il recente crollo del regime di Bashar al-Assad, a seguito dell’avanzata di gruppi jihadisti come Hayat Tahrir al-Sham e l’Esercito Nazionale Siriano, segnerebbe la fine delle condizioni che avevano spinto circa 1,3 milioni di siriani a rifugiarsi in Europa tra il 2015 e il 2023, rendendo dunque possibile un rimpatrio su vasta scala.
La Commissione, tuttavia, mantiene una linea prudente, ricordando che la situazione in Siria resta altamente instabile (allora perchè destinare miliardi di euro dei contribuenti europei?). Riferendosi poi ai dati dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), segnala che oltre 300.000 siriani sono tornati nel Paese attraverso i confini regionali dal dicembre 2024, e che circa 890.000 sfollati interni hanno fatto ritorno nelle proprie zone di origine.
L’esecutivo von der Leyen ha poi ribadito che “ogni ritorno deve avvenire su base volontaria, in condizioni di sicurezza e dignità, come stabilito dagli standard internazionali” e ancora che “l’Unione continuerà a sostenere le persone che scelgono autonomamente di rientrare, anche attraverso il rafforzamento dell’assistenza non umanitaria in Siria, mirata alla ripresa di settori chiave per favorire un ritorno sostenibile”.
Quanto alla revoca dello status di protezione internazionale, la Commissione sottolinea che il diritto Ue prevede procedure rigorose e garanzie legali per valutare caso per caso la cessazione delle condizioni di protezione. In questo contesto, le organizzazioni non governative, benché attive nell’accoglienza e assistenza, non hanno un ruolo formale nelle procedure di rimpatrio.
Infine, nessuna apertura verso l’introduzione di sanzioni per le ONG che non collaborano con i governi nella raccolta di dati sui rifugiati: “Le procedure di ritorno – ricorda la Commissione – sono di competenza esclusiva delle autorità nazionali e devono rispettare i diritti fondamentali e il diritto internazionale, incluse le norme in materia di protezione dei rifugiati”.