Europa

Ricerca e precariato: polemiche sul disegno di legge italiano.

Il disegno di legge n.1240, promosso dal Governo italiano con l’obiettivo dichiarato di valorizzare e promuovere la ricerca, continua a sollevare forti critiche all’interno della comunità accademica e tra le organizzazioni sindacali. Nonostante le riforme già varate nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), in particolare la sostituzione degli assegni di ricerca con contratti più strutturati, gli ostacoli burocratici ne hanno rallentato l’attuazione, alimentando il timore che si stia aggravando – piuttosto che risolvendo – la precarizzazione dei ricercatori italiani.

A segnalare questa deriva sono stati soggetti come l’ADI (Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca Italiani) e la FLC CGIL, che hanno sottoposto la questione all’attenzione della Commissione Europea. Secondo i promotori delle proteste, il disegno di legge introduce nuove forme contrattuali prive di adeguate tutele, come borse di ricerca e contratti post-doc, in palese contraddizione con i principi europei sulla stabilità occupazionale e la qualità della ricerca accademica.

Di fronte al crescente malcontento, la ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, ha annunciato una sospensione dell’iter parlamentare del disegno di legge, con l’intenzione di rivedere i contenuti alla luce delle contestazioni emerse.

Bruxelles, da parte sua, ha confermato di essere pienamente informata del disegno di legge e del dibattito in corso. In una risposta scritta fornita dal vicepresidente esecutivo Valdis Dombrovskis all’interrogazione dell’eurodeputato Giuseppe Antoci, la Commissione ha sottolineato che il testo non è ancora stato adottato, motivo per cui non può esprimersi ufficialmente nel merito. Tuttavia, ha ribadito l’importanza di garantire sicurezza e stabilità lavorativa ai ricercatori, principi sanciti dalla Carta europea dei ricercatori e dal quadro europeo per le carriere scientifiche.

In attesa di sviluppi parlamentari, resta alta la tensione nel mondo accademico, che chiede garanzie concrete per i giovani ricercatori e un impegno coerente da parte dei governi dei Paesi membri di rispettare gli standard europei sul lavoro scientifico.

In questo contesto mediocre, quindi, le “miliardate” della Commissione Ue per attirare talenti dai Paesi Extra-Ue e mantenere i propri in Europa, potranno fare ben poco.

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