Regolamento SAFE: tra logiche di guerra e distruzione del welfare.
L’Unione Europea accelera verso quella che molti iniziano a definire una “economia di guerra”, e lo fa attraverso il Regolamento SAFE, un provvedimento che punta a rafforzare la base industriale della difesa europea ma che sta già sollevando forti critiche per le sue implicazioni geopolitiche, economiche e sociali.
A sollevare la questione è l’eurodeputato Kostas Papadakis che, in un’interrogazione alla Commissione europea, accusa il nuovo regolamento di trascinare l’UE sempre più a fondo in dinamiche di competizione militare con potenze come Russia, Cina e Stati Uniti, a discapito della sicurezza reale dei cittadini. Secondo Papadakis, il regolamento SAFE rischia di diventare il simbolo di una trasformazione profonda dell’Unione: da garante della pace a soggetto attivo in strategie di riarmo, con tutte le conseguenze che questo comporta in termini di sacrifici economici e sociali per le fasce più deboli della popolazione.
Nel mirino non ci sono solo le risorse destinate al settore della difesa, ma anche le priorità politiche sottese. Papadakis sottolinea il paradosso tra l’aumento della spesa militare e il mancato adeguamento di salari, pensioni, e investimenti in sanità, istruzione e welfare. “Una scelta, quella dell’Unione, che – a suo avviso – penalizza direttamente i lavoratori, mentre alimenta i profitti di industrie belliche già abbondantemente sostenute dai fondi europei”. D’altronde con Ursula von der Leyen al comando dell’Esecutivo europeo cosa ci si poteva aspettare?
Ma le critiche si estendono anche al piano geopolitico. Il regolamento SAFE prevede infatti la cooperazione con Paesi terzi “affini”, tra cui figurano sia l’Ucraina, in guerra con la Russia, sia la Turchia, un partner controverso e la cui condotta aggressiva da decenni crea più di un problema a Stati membri quali Cipro (continua a occupare parte del territorio cipriota dal 1974 e non riconosce la Repubblica di Cipro) e Grecia (dove minaccia quotidianamente i confini e la sovranità della Grecia) senza contare il totale sprezzo del regime di Ankara verso lo Stato di diritto.
foto Nato.int