Orban: “L’euro non è nell’agenda del governo”.
Il primo ministro ungherese Viktor Orbàn ha dichiarato che il suo governo non intende adottare la moneta unica europea. La decisione nasce dalla volontà di evitare un legame ancora più stretto con l’Unione Europea, che – secondo Orban – starebbe attraversando una fase di profonda instabilità.
“Questa questione non sarà certamente all’ordine del giorno”, ha affermato il premier durante un’intervista rilasciata alla Camera di Commercio e Industria ungherese nel podcast Economx Money Talks. “L’Ue è oggi scossa dalle proprie contraddizioni, e non desidero vincolare ulteriormente il destino dell’Ungheria a un’unione che rischia di disgregarsi. Senza cambiamenti radicali, l’Unione Europea resterà solo un episodio temporaneo nella nostra storia”.
I criteri di Maastricht e le ragioni economiche.
Il governo ungherese ha più volte sottolineato di non essere ancora pronto a entrare nell’eurozona, non solo per motivi politici ma anche economici. Budapest non soddisfa pienamente i criteri di Maastricht, fissati nel 1992 per garantire la stabilità finanziaria dei Paesi che desiderano adottare l’euro. Tali requisiti riguardano, tra l’altro, il controllo dell’inflazione, la stabilità dei tassi di cambio e il contenimento del debito pubblico.
Secondo le autorità ungheresi, introdurre la moneta unica significherebbe rinunciare alla propria politica monetaria indipendente, esponendo l’economia nazionale a una concorrenza che il Paese non sarebbe ancora in grado di sostenere.
L’Ungheria e gli altri Paesi fuori dall’eurozona.
Dalla sua adesione all’Unione Europea nel 2004, l’Ungheria ha sempre mantenuto una posizione prudente sull’ingresso nella zona euro. Al momento, l’unione monetaria europea comprende 20 Stati membri. Oltre all’Ungheria, anche Bulgaria, Danimarca, Polonia, Romania, Repubblica Ceca e Svezia fanno ancora parte dei Paesi dell’Ue che non hanno adottato l’euro come valuta ufficiale.
Per Orbàn, mantenere il fiorino come moneta nazionale significa salvaguardare la sovranità economica e preservare un margine di autonomia rispetto a Bruxelles in un momento in cui, sostiene, l’Unione sta mostrando le sue fragilità strutturali.
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