Occupazione giovanile: le lacrime di coccodrillo della Commissione UE.

La Commissione ha pubblicato oggi l’edizione 2022 della relazione “Sviluppi occupazionali e sociali in Europa” (ESDE 2022). Un lavoro di ricerca che conferma per l’ennesima volta – nel caso qualcuno/a ancora non lo avesse interiorizzato – che i/le giovani europee/i sono stati i più colpiti dalla soppressione di posti di lavoro dovuta alla crisi economica provocata dalla pandemia di Covid-19. Si spera adesso che l’indagine apra gli occhi anche dalle parti della Commissione UE, anche se le puntate recenti nel novero delle call europee per i giovani continuano a dimostrare tutt’altra sensibilità.

Secondo la relazione anche la ripresa è stata più incerta per i giovani rispetto a quanto accaduto per gli altri gruppi di età. Le possibili spiegazioni sono legate all’elevata percentuale di contratti a tempo determinato tra i giovani e alle difficoltà che questi hanno a trovare un primo impiego dopo la scuola, l’università o al termine della formazione. Un paradigma decisamente deprimente “per la meglio gioventù europea” sostenuto con convinzione dall’inerzia e dall’autocelebrazione delle istituzioni europee, incapaci di andare oltre i proclami per l’inclusione giovanile in UE.

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Autocelebrazione confermata anche dall’intervento del Commissario per il lavoro Nicolas Schmit: “Il 2022 è l’Anno europeo dei giovani, proprio perché l’Unione europea è impegnata ad ascoltare i giovani, a sostenerli e a migliorare le opportunità per il loro futuro”.

L’UE, secondo la narrazione dei vertici istituzionali, vuole però continuare a sostenere i giovani attraverso una serie di programmi strategici decisamente fallimentari, quali Garanzia Giovani, il Fondo sociale europeo Plus (FSE +), la nuova iniziativa ALMA, il cui start-up non è stato certo dei migliori nonostante la compresenza dell’Anno europeo per la Gioventù, nonché i piani di ripresa e resilienza degli Stati membri dell’UE. Su quest’ultimo punto meriterebbe una lettura “la potenza di fuoco” pensata dal Governo Draghi per l’inclusione dei/delle giovani italiani/e.

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Eppure, va ricordato, le politiche sociali e occupazionali dell’UE dovrebbero rafforzare l’integrazione dei giovani nella vita lavorativa, consentire ai giovani di acquisire competenze, sostenere la mobilità del lavoro e aiutare i giovani a creare la propria ricchezza e l’accesso alla proprietà. Obiettivi, guardando ad alcune buone pratiche esistenti quali Erasmus+, ESC, EYE, che si potrebbero sostanzializzare con i dovuti accorgimenti a partire dalla programmazione partecipata con i giovani e le organizzazioni giovanili europee. Un processo, però, che dovrebbe essere avviato andando oltre la celebrativa e sterile concertazione tra istituzioni e organizzazioni giovanili prive di un vero e proprio mandato negoziale e, purtroppo, di contezza sulla questione giovanile in Europa.

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