Migrazioni: Il 4,9% della popolazione UE proviene da Paesi terzi.

Perché le persone migrano? Una domanda ricorrente che può trovare risposta solo attraverso un’approfondita riflessione sulla demografia, la sicurezza, i diritti umani e la ricerca di un welfare migliore.

Tutti i Paesi dell’Unione Europea sono interessati dai flussi migratori, nonostante un certo populismo nazionale spinga verso differenti interpretazioni del fenomeno, come dimostrano i circa 21,8 milioni di cittadini di Paesi terzi residenti nell’UE al 1° gennaio 2019, pari al 4,9% della popolazione dei 27 paesi membri. 

Secondo i più autorevoli demografi sono principalmente tre i fattori di spinta e di attrazione legati alle migrazioni: fattori socio-politici, fattori demografici ed economici e fattori ambientali.

Tra i motivi socio-politici che spingono le persone a scappare dal proprio paese ci sono le persecuzioni etniche, religiose, razziali, politiche e culturali. Anche la guerra o la minaccia di un conflitto e la persecuzione da parte dello stato sono fattori determinanti per la migrazione. Coloro che fuggono da conflitti armati, violazioni dei diritti umani o persecuzioni possono essere definiti profughi o migranti umanitari. Questa loro condizione influenza la loro destinazione, in quanto ci sono Paesi che hanno un approccio più liberale di altri per quanto riguarda l’accoglienza dei richiedenti asilo. Questi migranti vengono accolti solitamente nel Paese più vicino che accetta i richiedenti asilo.

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Nel 2019, nell’UE è stato riconosciuto lo statuto di protezione a 295.800 richiedenti asilo, oltre un quarto dei quali provenienti dalla Siria, seguiti da profughi afgani e iracheni.

Anche i cambiamenti demografici determinano come le persone si spostano e migrano. Fattori come l’invecchiamento o la crescita della popolazione possono influire sia sulle opportunità lavorative nei Paesi d’origine sia sulle politiche d’immigrazione nei Paesi di destinazione. L’immigrazione demografica ed economica è legata a condizioni di lavoro, disoccupazione e stato di salute generale dell’economia di un paese. Tra i fattori di attrazione ci sono salari più alti, maggiori possibilità di lavoro, miglior qualità di vita e opportunità di studio. Se le condizioni economiche non sono favorevoli e sono a rischio di ulteriore declino, le persone tenderanno a spostarsi verso paesi con prospettive migliori.

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Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro delle Nazioni Unite, nel 2017 erano circa 164 milioni i lavoratori migranti nel mondo, cioè le persone che si spostano per trovare lavoro, pari ai due terzi dei migranti internazionali. Quasi il 70% si trovava in Paesi ad alto reddito, il 18,6% in Paesi a reddito medio-alto, il 10,1% in Paesi a reddito medio-basso e il 3,4% in Paesi a basso reddito.

L’ambiente è rappresenta un’altra causa di migrazione: le persone scappano da disastri naturali come inondazioni, uragani e terremoti. Sempre secondo l’Organizzazione mondiale per le migrazioni, “i migranti ambientali sono coloro che a causa di improvvisi o graduali cambiamenti ambientali, che colpiscono negativamente la loro vita o condizioni di vita, sono obbligati a lasciare la propria abitazione, temporaneamente o in modo permanente, e che si spostano in un’altra area del proprio paese o all’estero”.

Fattori come crescita della popolazione, povertà, sicurezza umana e conflitti rendono difficile calcolare con precisione il numero di migranti ambientali presenti nel mondo. Le stime variano dai 25 milioni a un miliardo di migranti ambientali entro il 2050.
Numeri che rendono difficile la gestione efficace dei flussi migratori, delle richieste d’asilo e protezione delle frontiere esterne.

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Essendo un tema divenuto priorità dell’Unione, entro la fine del 2020, la Commissione europea presenterà un nuovo patto sull’immigrazione e l’asilo. Il Parlamento ha promosso una revisione delle regole d’asilo dell’UE per assicurare maggiore solidarietà e una più equa distribuzione delle responsabilità tra i paesi membri in materia di immigrazione.

La Commissione per le libertà civili del Parlamento europeo sta lavorando a una relazione su nuove strade per l’immigrazione legale della forza lavoro. Secondo gli eurodeputati, occorrono nuove vie legali per ridurre l’immigrazione irregolare, colmare le lacune del mercato del lavoro e presentare una politica europea armonizzata. Gli eurodeputati chiedono inoltre che il sistema europeo comune d’asilo sia affiancato da un quadro dell’UE per il reinsediamento e da corridoi umanitari.

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