Migrazione irregolare: l’UE ammette l’assenza di studi sui costi economici per gli Stati membri.
Il fenomeno della migrazione irregolare continua a suscitare dibattiti in sede europea, non solo per le sue implicazioni umanitarie e sociali, ma anche per il suo impatto economico sui Paesi membri. In un’interrogazione parlamentare, l’eurodeputata Mary Khan (ESN) ha chiesto alla Commissione europea se siano stati condotti studi specifici per valutare i costi diretti e indiretti dell’immigrazione illegale, con particolare riferimento a settori chiave come sanità, alloggi, istruzione, sicurezza e welfare.
La domanda nasce alla luce dei dati riportati dalla stessa eurodeputata: circa 355.300 ingressi irregolari nell’UE nel 2023 e circa 191.900 già registrati nel 2024. Khan ha sottolineato come tale fenomeno comporti “un onere finanziario e sociale significativo”, soprattutto per Paesi di destinazione come la Germania.
La risposta della Commissione, firmata dal Commissario Brunner, non lascia spazio a interpretazioni: al momento non esistono studi recenti sull’impatto fiscale della migrazione irregolare a livello europeo, né sono in programma nuove analisi approfondite nel prossimo futuro. “Gli studi finora disponibili – fa sapere la Commissione – sono limitati, spesso circoscritti a contesti nazionali, e presentano risultati contrastanti”.
Nel frattempo, l’esecutivo europeo evidenzia alcuni segnali positivi: secondo l’ultimo rapporto dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex), nel 2024 si è registrata una riduzione del 38% degli attraversamenti irregolari rispetto all’anno precedente.
La Commissione richiama inoltre gli sforzi in atto nell’ambito del Patto su migrazione e asilo e della Global Alliance to Counter Migrant Smuggling, iniziative volte a contrastare le reti criminali che gestiscono il traffico di esseri umani e a rafforzare la cooperazione internazionale sul fronte migratorio.
Tuttavia, l’assenza di dati aggiornati e sistematici sull’impatto economico dell’immigrazione irregolare solleva interrogativi sul grado di preparazione dell’UE nell’affrontare in modo informato una delle questioni più delicate dell’agenda politica. Con i numeri ancora elevati e la pressione sui sistemi di accoglienza che resta significativa, cresce la richiesta – anche da parte di alcuni settori politici – di maggiore trasparenza e analisi basate su dati concreti per guidare le decisioni future.