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Meloni rassicura: “Nessun taglio alle priorità dei cittadini”. Ma la realtà è un’altra: coperta corta e tempi duri in arrivo.

“Spese necessarie per la difesa e la sicurezza, ma senza sottrarre un euro alle priorità dei cittadini”. Così la premier Giorgia Meloni ha commentato l’accordo siglato in ambito NATO, che prevede un progressivo aumento della spesa militare fino al 5% del PIL entro il 2035. Una rassicurazione che però, alla luce della situazione economica italiana, suona più come un auspicio che una garanzia concreta.

La realtà è che l’Italia si muove da anni su un equilibrio finanziario fragile. I margini di manovra sono ridotti, i vincoli europei tornano a farsi stringenti, e il PNRR — che doveva rappresentare l’occasione per modernizzare il Paese — ha mostrato limiti evidenti nella capacità di spesa e, soprattutto, di riforma. Le “risorse extra bilancio” di origine europea hanno prodotto più cantieri che cambi strutturali. E ora, l’ombra lunga delle nuove spese militari, visto il tenore della capacità organizzativa e della trasparenza in Italia, rischia di peggiorare un quadro già compromesso.

L’aumento degli investimenti nella difesa, spinti in particolare dagli Stati Uniti — sempre più insofferenti nel finanziare la sicurezza europea — comporterà inevitabili sacrifici. Per quanto Palazzo Chigi assicuri che “nessuna priorità sarà sacrificata”, l’esperienza insegna che in un contesto di risorse limitate, ogni euro speso in un settore ne sottrae uno ad altri: sanità, scuola, infrastrutture civili, welfare.

Meloni insiste: “Parte di queste risorse rafforzeranno le imprese italiane e produrranno sviluppo”. Un’equazione ottimistica, che presuppone una gestione virtuosa e una politica industriale coerente, due elementi non sempre garantiti nel nostro Paese. E mentre si sottolinea che anche la Spagna ha firmato lo stesso documento, non si dice che ogni Paese avrà un impatto diverso a seconda della propria solidità economica — e l’Italia parte in svantaggio.

Il quadro che si profila è tutt’altro che rassicurante. La corsa agli armamenti voluta dalla NATO e avallata dal governo italiano rischia di inasprire le disuguaglianze e ridurre ulteriormente lo spazio per politiche sociali. La “sicurezza” invocata in chiave militare presto si tradurrà, per molti cittadini, in insicurezza economica e sociale.

foto Governo.it