Mari dell’UE: il divario tra leggi nei Paesi membri rende difficile fermare l’inquinamento.
Nonostante gli sforzi dell’Unione Europea per arginare l’inquinamento marino, il controllo delle navi che continuano a danneggiare le acque europee risulta ancora insufficiente. Secondo una relazione della Corte dei conti europea, l’UE sta sì lottando per applicare in modo efficace le normative destinate a prevenire l’inquinamento da idrocarburi, rifiuti e emissioni tossiche provenienti dalle navi, ma l’ambizioso obiettivo di “inquinamento zero” entro il 2030 sembra sempre più irraggiungibile.
Nonostante l’adozione di normative più rigorose rispetto agli standard internazionali, infatti, l’efficacia del loro recepimento da parte degli Stati membri è ben al di sotto delle aspettative. Le lacune nelle politiche di monitoraggio e sanzione sono evidenti. Per esempio, l’adozione di pratiche per prevenire l’inquinamento da idrocarburi e il recupero di relitti navali rimane insufficiente, con i controlli che non riescono a coprire tutti i casi di violazione. La Corte dei conti ha infatti riscontrato che, sebbene la normativa UE sia tra le più avanzate, le sanzioni per gli inquinatori sono troppo blande e vengono applicate con scarsa frequenza.
Nel 2022, circa una nave su sette nel mondo batteva bandiera di uno Stato membro dell’UE, ma questa cifra scende drasticamente, fino al 50%, per le navi a fine ciclo di vita. Inoltre, le normative UE sui container persi in mare non sono ancora sufficienti, con una segnalazione insufficiente di tutte le perdite e un recupero irrisorio.
Uno degli strumenti principali di monitoraggio, il sistema satellitare CleanSeaNet, che permette di rilevare chiazze di idrocarburi in mare, ha individuato ben 7.731 possibili sversamenti tra il 2022 e il 2023. Tuttavia, la risposta degli Stati membri è stata insufficiente, con meno della metà di questi casi esaminati e solo il 7% confermato come effettivi sversamenti. Il ritardo tra la rilevazione satellitare e il controllo sul campo resta uno degli ostacoli principali per una reazione tempestiva.
La Corte ha anche osservato che le ispezioni preventive delle navi sono insufficienti e le sanzioni per i trasgressori sono troppo miti. Di fatto, i trasgressori che scaricano sostanze inquinanti in mare raramente affrontano sanzioni efficaci, e le azioni penali sono praticamente inesistenti. Le violazioni relative al recupero di attrezzature da pesca abbandonate o perse, un altro fonte di inquinamento, vengono segnalate con scarsità.
In generale, la Corte dei conti ha sottolineato che né la Commissione né gli Stati membri monitorano adeguatamente i fondi dell’UE destinati alla lotta contro l’inquinamento marino. Non esiste una visione complessiva dei risultati ottenuti e delle modalità con cui questi potrebbero essere replicati su larga scala.