Malamovida. I cittadini chiedono risposte ma ottengono supercazzole.
In settimana si è riacceso il dibattito sulla malamovida a Cagliari a seguito della presentazione in Consiglio Comunale di tre mozioni delle opposizioni. Un dibattito che, ancora una volta, ha evidenziato i limiti della politica cittadina nell’assolvimento del proprio compito: contribuire concretamente a risolvere i problemi dei cittadini o, quantomeno, provare a farlo.
Certo, la malamovida non nasce con il Zedda bis, esiste in tutte la città e talune criticità, in qualche misura, sono l’inevitabile conseguenza della natura turistica del luogo. Nessuno, aggiungiamo, richiede al Sindaco il ricorso alla bacchetta magica per l’immediata trasformazione di Cagliari nella città dei sogni. Sconcerta, però, la levata di scudi dei consiglieri di maggioranza nei riguardi delle tre mozioni. Non tanto per il loro mancato accoglimento, comprensibile in una dialettica maggioranza opposizione, quanto per le motivazioni addotte.
In risposta alla denuncia della condizione in cui versano tanti residenti del centro storico, è andato in scena il solito ritrito festival della supercazzola sociologica, autentica specialità della casa: “rimuovere a monte la cause del disagio”, “povertà educativa”, “dialogo intergenerazionale” ecc. ecc.
Per carità, tutto vero e condivisibile. Se si vuole risolvere definitivamente il problema lo si deve aggredire alla radice. Nel frattempo, tuttavia, mentre si discutono, elaborano, approvano, implementano e valutano gli epocali provvedimenti atti a rimuovere le cause della malamovida (sperando che funzionino) che risposte si danno a coloro che stanotte, non fra due anni, trascorreranno l’ennesima notte in bianco, verranno molestati e, domattina, al risveglio, troveranno un letamaio di fronte a casa?