L’UE condanna Baku per la repressione dei giornalisti, ma continua a farci affari.
L’Unione europea ha espresso “profonda preoccupazione” per le pesanti condanne inflitte in Azerbaigian ai giornalisti e collaboratori di Abzas Media, uno dei pochi outlet indipendenti del Paese. Ma la dichiarazione ufficiale di Bruxelles, diffusa dal Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), suona sempre più come un esercizio retorico, alla luce delle relazioni economiche e strategiche che l’Unione continua a intrattenere con il regime del presidente Ilham Aliyev.
Nella nota si sottolinea poi che “il giornalismo indipendente svolge un ruolo fondamentale per la trasparenza e la responsabilità”, e si invita Baku a rispettare i diritti umani e le libertà fondamentali, “creando un ambiente sicuro e favorevole per tutti i giornalisti”. Tuttavia, mentre l’UE deplora la repressione della libertà di stampa, continua a rafforzare i legami con un Paese che reprime sistematicamente il dissenso interno, senza contare che in casa propria le varie call europee finanziano di tutto, tranne il giornalismo indipendente, cucendo bandi e prebende per i soliti (e grandi) gruppi editoriali.
Negli ultimi anni, l’Azerbaigian è divenuto un partner energetico chiave per Bruxelles, in particolare dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Il gas azero è stato presentato come una “alternativa strategica” a quello russo, portando a una serie di accordi miliardari nel settore energetico tra Baku e vari Stati membri, con l’avallo della Commissione europea. Difficile, quindi, assistere a uno slancio di coerenza credibile da parte dei non più “leader globali dei valori”.
Intanto, in Azerbaigian, si moltiplicano i casi di persecuzione giudiziaria contro giornalisti, attivisti e oppositori politici e, anche le condanne ai redattori di Abzas Media, si inseriscono in un quadro ben noto di controllo autoritario, repressione della stampa libera e violazioni sistematiche delle libertà civili.
Nonostante ciò, l’UE ribadisce nella sua nota la “volontà di proseguire il dialogo e la cooperazione sui diritti umani con l’Azerbaigian”. Una posizione che molti osservatori giudicano ambigua, se non ipocrita: da un lato si condannano le violazioni, dall’altro si consolidano partnership economiche con regimi che mettono a tacere con la prigione — o peggio — chi cerca di raccontare la verità o, semplicemente, di fare il proprio lavoro.