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Lotta alla frode IVA: il caso delle importazioni da paesi extra-UE, tra lentezze e fast fashion.

La rimozione dell’esenzione IVA per le spedizioni con valore inferiore a 22 euro ha segnato un passo importante per combattere la frode fiscale in Europa. Tuttavia, nonostante questo cambiamento normativo, la frode IVA continua a rappresentare un grave problema, con stime che parlano di perdite superiori ai 60 miliardi di euro nel solo 2021. Eppure, a più di un anno dall’approvazione della posizione del Parlamento europeo su una proposta della Commissione per estendere l’accesso al sistema Import One-Stop Shop (IOSS) e introdurre il concetto di “importatore presunto”, le cose sembrano procedere a rilento. Un ritardo che ha sollevato preoccupazioni, in particolare per quanto riguarda il settore della fast fashion, che rimane uno degli ambiti più vulnerabili alla frode IVA.

Nel novembre 2023, il Parlamento aveva adottato la propria posizione sul progetto legislativo, ma ad oggi non ci sono segnali di avanzamenti significativi nella discussione politica da parte del Consiglio. La situazione è stata recentemente sollevata da Aurore Lalucq del gruppo S&D, che ha chiesto chiarimenti sulla mancanza di progressi e sull’impatto economico di tale stallo. La proposta, che mira ad applicare misure più stringenti sul commercio elettronico e a responsabilizzare maggiormente le piattaforme online nella raccolta dell’IVA, non sembra aver trovato ancora un terreno fertile per il dibattito politico nelle stanze del Consiglio.

La risposta del Consiglio lascia intendere che il progetto è ancora in discussione, ma non ci sono previsioni chiare sui tempi e sull’esito dei lavori. La proposta fa parte di un pacchetto di riforma del Codice Doganale Unionale, presentato dalla Commissione Europea nel 2023, e le sue disposizioni sono strettamente legate ad altri provvedimenti in fase di discussione. Tuttavia, la lentezza del processo e la mancanza di una tempistica precisa alimentano i timori che il ritardo possa causare ulteriori perdite fiscali, senza contare il danno reputazionale che l’Unione potrebbe subire in un contesto già difficile.

Lalucq ha anche chiesto al Consiglio di fornire una stima delle perdite fiscali derivanti dal mancato progresso della legislazione, ma la risposta è stata chiara: tale informazione non è nelle mani del Consiglio, e l’eurodeputata è stata indirizzata a rivolgersi alla Commissione, la quale detiene la competenza in materia.

Il settore della fast fashion, con la sua espansione esponenziale e l’alto volume di vendite transfrontaliere, rappresenta uno dei principali colpevoli in questo scenario di evasione fiscale. Le piattaforme di e-commerce, infatti, sono spesso coinvolte in pratiche di elusione delle normative IVA, sfruttando la differenza di trattamento fiscale tra i vari Stati membri. L’introduzione di un sistema IOSS e l’idea di un “importatore presunto” dovrebbero rappresentare soluzioni chiave per arginare il fenomeno. Ma senza azioni concrete, l’Unione Europea rischia di non riuscire a rimanere al passo con le sfide economiche globali, lasciando aperta una voragine di frodi e iniquità.

Nel frattempo, la battaglia contro la frode IVA continua a essere una priorità, ma senza una riforma tempestiva e una vera volontà politica da parte del Consiglio, la lotta rischia di rimanere una promessa mai realizzata.