Sardegna

Lo scenario economico globale e italiano: impennata della disoccupazione giovanile. Ora è al 19%.

Il contesto economico internazionale continua a essere segnato da un rallentamento diffuso e da un clima d’incertezza persistente, alimentato dalle politiche commerciali ancora in via di definizione da parte della nuova amministrazione statunitense. L’instabilità geopolitica — tra tensioni in Medio Oriente e conflitto in Ucraina — e l’attesa per eventuali nuovi dazi imposti da Washington aggiungono ulteriore volatilità a un quadro già fragile.

Nel primo trimestre dell’anno, a livello globale, la crescita ha subito un rallentamento: secondo il Fondo Monetario Internazionale, il PIL mondiale dovrebbe attestarsi al +2,8% nel 2025, in calo rispetto al +3,3% dello scorso anno. Mentre l’economia cinese e quella dell’area euro mostrano segni di tenuta, gli Stati Uniti registrano la prima contrazione da tre anni, -0,1%, causata principalmente dall’impennata delle importazioni.

L’Italia mostra una moderata resilienza. Nei primi tre mesi del 2025, il PIL nazionale è cresciuto dello 0,3%, un risultato superiore a Germania e Francia, ma ancora al di sotto del ritmo spagnolo. La crescita è trainata dall’industria e dall’agricoltura, mentre i servizi restano stabili. Sul versante della produzione industriale, l’incremento è stato marginale (+0,1% a marzo), confermando una dinamica altalenante.

Il mercato del lavoro presenta poi un quadro misto. A marzo l’occupazione ha subito un lieve calo, ma nel complesso il primo trimestre ha registrato un incremento dello 0,9% rispetto ai tre mesi precedenti, con una crescita diffusa tra generi, classi d’età e categorie professionali. Il tasso di disoccupazione è salito leggermente al 6,0%, con una preoccupante impennata del tasso giovanile, ora al 19%.

Sul fronte dei consumi, le vendite al dettaglio sono calate sia in valore sia in volume nel primo trimestre. L’andamento dei consumi delle famiglie è rallentato e si osserva una riduzione del reddito disponibile. Contestualmente, cala anche la fiducia dei consumatori, condizionata dalle preoccupazioni sul futuro economico del Paese e sull’inflazione.

Proprio sul fronte inflazione, ad aprile l’indice armonizzato (IPCA) si è attestato al 2,1% in Italia, allineato alla media dell’area euro. Tuttavia, crescono le pressioni sui prezzi dei beni alimentari, mentre l’energia registra un netto calo, grazie alla flessione delle quotazioni di gas e petrolio.

Segnali contrastanti emergono poi dal commercio estero. Nel primo bimestre del 2025, l’export italiano è cresciuto dell’1,6%, ma resta vulnerabile alle turbolenze internazionali. A marzo si è registrato un boom delle vendite verso gli Stati Uniti (+41,2%), in parte dovuto a spedizioni straordinarie nel comparto navale e all’anticipo degli ordini in vista dei dazi annunciati da Washington.

Molte imprese esportatrici italiane, restando nel perimetro delle criticità, pur contribuendo significativamente alle esportazioni nazionali, presentano fragilità economico-finanziarie. Tra queste, oltre 23mila risultano vulnerabili alla domanda estera per concentrazione geografica o merceologica e, tra esse, una su quattro è classificata a rischio o fortemente a rischio per la propria solidità finanziaria.

In sintesi, l’Italia mostra una moderata capacità di tenuta nel contesto europeo, ma i segnali di fragilità — soprattutto legati al commercio estero, alla fiducia e ai consumi interni — suggeriscono la necessità di politiche economiche attente, in grado di sostenere le imprese più esposte e rilanciare la crescita nel medio termine.