Politica

L’Italia chiede (di nuovo) di modificare il Pnrr. Quinta revisione in meno di due anni…e senza spiegazioni ufficiali.

L’Italia ha chiesto a Bruxelles una nuova modifica del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr). È la quinta richiesta di revisione in meno di due anni, ma anche questa volta il Governo non ha fornito alcuna spiegazione pubblica. Nessun comunicato ufficiale, nessuna informativa al Parlamento, nessun riferimento nei verbali del Consiglio dei ministri o della cabina di regia. Un silenzio che alimenta interrogativi e perplessità sulla trasparenza dell’intero processo.

La notizia della richiesta, rilevano da Fondazione Openpolis, è stata rintracciata solo grazie al portale della Commissione europea e ad alcune fonti specializzate. Nonostante la portata potenzialmente significativa della revisione – soprattutto alla luce delle dichiarazioni del ministro per il Pnrr, Tommaso Foti, che ha parlato di 14 miliardi di euro non ancora utilizzati e destinabili al rafforzamento del sistema produttivo – nessun dettaglio è stato reso pubblico.

L’Italia, va ricordato, è l’unico Stato membro ad aver presentato cinque revisioni del proprio piano. Belgio, Spagna, Irlanda e Cipro si sono fermati a quattro. La Germania ne ha presentate tre. Un’anomalia che solleva dubbi (se mai ci fossero) sulla solidità della pianificazione italiana e, soprattutto, sulla gestione politica delle modifiche.

Dopo la revisione sistematica del 2023, discussa in Parlamento, le successive modifiche sono state trattate come meri aggiustamenti tecnici, senza passaggi formali né dibattiti pubblici. L’ultima revisione – inviata a Bruxelles il 21 marzo – non trova riscontro nemmeno nella relazione ufficiale sullo stato di attuazione del Pnrr pubblicata pochi giorni dopo.

Eppure, proprio in questi giorni, il Governo Meloni ha compiuto un passo avanti in termini di trasparenza, pubblicando nuovi dati aggiornati sul portale “Italia Domani”. Un’apertura apprezzabile, spiegano da Fondazione Openpolis, ma che stride con l’opacità delle scelte strategiche

Il Parlamento, che dovrebbe esercitare un ruolo di controllo cruciale, è stato finora ignorato. Eppure lo stesso ministro Foti, solo pochi mesi fa, aveva garantito un confronto preventivo con le Camere per ogni nuova modifica sostanziale.

Alcune dichiarazioni recenti del ministro lasciano intendere che le risorse non ancora impegnate potrebbero essere reindirizzate verso misure per la competitività delle imprese. Un’ipotesi che escluderebbe, almeno per ora, il dirottamento dei fondi verso la difesa, come paventato da alcune voci critiche. Tuttavia, anche su questo punto, nessuna comunicazione ufficiale è stata fatta.