Europa

Le nuove sfide fiscali per l’Unione europea della difesa.

Da quando la Russia ha lanciato la sua invasione su larga scala dell’Ucraina, i Paesi membri dell’UE, insieme ad altri partner europei, hanno deciso, nonostante il crescente spopolamento nei 27 Paesi Ue, di aumentare significativamente la spesa per la difesa. Questa nuova esigenza di bilancio ha aperto, contestualmente, un aspro dibattito sul ruolo della tassazione per il finanziamento dello sforzo bellico europeo.

Negli ultimi 3 anni, la spesa per la difesa degli Stati membri è passata dall’1,2% al 1,9% del PIL nel 2024. Tuttavia, la guerra prolungata in Ucraina, insieme a ulteriori sfide di sicurezza e ai mutamenti nelle priorità della politica estera statunitense (Trump ha confermato di non voler più pagare per la difesa dei Paesi Ue), ha costretto l’Europa a rafforzare ulteriormente il riarmo e a sviluppare una solida base industriale nel settore militare.

Per finanziare questa nuova realtà geopolitica, i governi europei stanno valutando diverse opzioni: dall’emissione di debito comune o nazionale, alla riallocazione dei fondi di bilancio, fino all’introduzione di nuove tasse o all’aumento di quelle esistenti. Vista l’incertezza del contesto, si parla di soluzioni strutturali e non temporanee. L’attuale quadro di governance economica europea prevede una certa flessibilità, grazie alla cosiddetta “clausola di fuga nazionale” che permette agli Stati di derogare alle regole fiscali in circostanze eccezionali, come l’aumento della spesa militare, senza compromettere la sostenibilità di bilancio.

In questo contesto, la tassazione diventa uno strumento cruciale. Gli Stati membri hanno, così, ampio margine di manovra per modificare il proprio sistema fiscale, che resta una competenza nazionale. Possono intervenire sulle imposte dirette, come quelle sul reddito personale e societario, o su quelle indirette, come l’IVA o le accise, bilanciando il proprio carico fiscale. Oltre a nuove imposte, la lotta all’evasione fiscale e il miglioramento dell’efficienza nella riscossione potrebbero incrementare significativamente le entrate: ogni anno, infatti, gli Stati europei perdono circa 89 miliardi di euro solo in mancati introiti IVA.

Alcuni Paesi hanno già adottato misure fiscali specifiche per sostenere la spesa militare. In Estonia, per esempio, è stato introdotta nel mese di dicembre 2024 una “security tax” che prevede l’aumento dell’IVA dal 22 al 24% a partire da luglio 2025 e un’aliquota aggiuntiva del 2% su profitti aziendali e redditi personali, sebbene il nuovo governo intenda abolire quest’ultimo balzello. La Lettonia, ancora, ha imposto un contributo di solidarietà obbligatorio alle banche per il triennio 2025-2027. In Lituania, dal gennaio 2025, sono stati aumentati l’aliquota IRES dal 15 al 16% per le imprese, accise su alcol, tabacco e carburanti.

Un tema non secondario è la rapidità con cui i sistemi fiscali possono adattarsi a richieste improvvise di nuove entrate. Mentre le modifiche all’imposta sul reddito seguono spesso il calendario fiscale per motivi tecnici e giuridici, l’adeguamento delle aliquote IVA può avvenire più rapidamente, vista la frequenza mensile o trimestrale delle dichiarazioni. Tuttavia, aumenti dell’IVA, pur efficaci in termini di gettito, possono sollevare preoccupazioni per il loro effetto regressivo sui consumatori. Altri strumenti, come tasse ambientali o sanitarie, sono potenzialmente interessanti ma possono perdere efficacia nel tempo se mutano i comportamenti dei contribuenti.

Oltre al reperimento delle risorse, la sfida riguarda anche il rafforzamento dell’industria europea della difesa. Ciò potrebbe incontrare anche l’esigenza più generale delle imprese di un sistema fiscale più semplice, efficiente e meno oneroso, tema su cui il Consiglio UE ha sollecitato la Commissione a presentare entro fine 2025 un piano per semplificare adempimenti, eliminare norme obsolete e migliorare la chiarezza delle regole fiscali.

Infine, considerata la forte dipendenza del settore difesa dalla ricerca e sviluppo, sarà cruciale mantenere incentivi fiscali efficaci e di facile gestione per sostenere l’innovazione tecnologica nel comparto.

Sul fronte IVA, in generale la fornitura di beni e servizi alle autorità di difesa è soggetta a imposta, ma sono previste esenzioni speciali per le forniture tra forze armate di diversi Stati NATO o nell’ambito di progetti comuni di difesa europea, come quelli della European Defence Agency. Anche il recente strumento SAFE, con i suoi 150 miliardi destinati a rafforzare la produzione industriale militare UE, prevede esenzioni IVA su prodotti acquistati tramite questo meccanismo.

foto Army Spc. Trevares Johnson