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Lavoratori in fuga: entro 10 anni l’Italia ne perderà 3 milioni. Solo in Sardegna il -15,1% di persone in età lavorativa. Verso il declino economico.

Allarme demografico in Italia: entro il 2035 quasi tre milioni di persone tra i 15 e i 64 anni scompariranno dal mercato del lavoro. A lanciare l’allerta è l’Ufficio Studi della CGIA di Mestre, che ha elaborato i dati Istat tracciando uno scenario preoccupante: la popolazione in età lavorativa, oggi pari a circa 37,3 milioni di persone, scenderà a 34,4 milioni entro il prossimo decennio. Una perdita secca del 7,8%, che rischia di mettere a dura prova l’equilibrio economico e sociale del Paese.

Il calo degli occupabili si inserisce in un contesto già minato da transizioni globali – energetica, digitale e geopolitica – e potrebbe rallentare ulteriormente la crescita economica italiana. Le imprese, in particolare quelle artigiane e commerciali, denunciano già oggi difficoltà nel reperire giovani lavoratori. Un problema destinato ad aggravarsi (come potrebbe essere altrimenti con tutti i miliardi di euro bruciati tra lobby e groupies ad ogni assestamento di bilancio e manovra finanzairia regionale e nazionale).

Le pensioni, la sanità e l’assistenza pubblica, quindi, dovranno sostenere una popolazione sempre più anziana, mentre la platea dei contribuenti si restringerà. Secondo la CGIA, le speranze di invertire questa tendenza nel breve periodo sono pressoché nulle.

Come sempre, sarà il Mezzogiorno a pagare il prezzo più alto. Da solo, perderà oltre la metà dei lavoratori previsti in meno: -1,5 milioni, pari a un crollo del 12,2%. In particolare, la Sardegna (-15,1%, pari a -147.697 persone in età lavorativa), la Basilicata (-14,8%) e la Puglia (-12,7%) guideranno la classifica delle regioni più colpite. Napoli registrerà la perdita assoluta più elevata: -236.677 persone in dieci anni. Al contrario, le regioni del Nord, pur colpite, riusciranno a contenere meglio l’emorragia demografica grazie a una maggiore capacità attrattiva e a un mercato del lavoro più dinamico.

Le piccole e medie imprese, inoltre, rischiano di essere le più colpite. Senza giovani da assumere e con una crescente difficoltà a garantire salari e benefit competitivi, molte realtà imprenditoriali potrebbero vedere ridursi sensibilmente i propri organici. Le grandi aziende, invece, potrebbero reggere meglio l’urto, grazie a politiche di welfare aziendale e remunerazioni più allettanti.

Con una nazione sempre più anziana, si consumerà, si viaggerà e investirà meno nel rinnovamento: ne soffriranno il mercato immobiliare, il settore dei trasporti, la moda e l’industria turistica. L’unico comparto a trarne potenziale beneficio? Le banche. Con una popolazione più propensa al risparmio, i depositi potrebbero crescere, garantendo solidità al settore creditizio.

foto Greg Montani da Pixabay.com