Italia seconda in Europa per spesa sociale: oltre 600 miliardi l’anno.
Con una spesa sociale che nel 2022 ha sfiorato i 620 miliardi di euro, pari al 30,5% del PIL, l’Italia si posiziona al secondo posto in Europa. Ma nonostante le cifre record, il sistema presenta inefficienze, disuguaglianze territoriali e un’insufficiente presa in carico dei bisogni delle persone. È quanto emerge dal nuovo Rapporto della Fondazione per la Sussidiarietà (FpS), dal titolo “Sussidiarietà e… welfare territoriale”, presentato oggi presso la Camera di Commercio di Salerno.
All’incontro sono intervenuti, tra gli altri, Andrea Prete, presidente di Unioncamere e della Camera di commercio di Salerno, Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, Andrea Bellandi, arcivescovo metropolita di Salerno, Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania, Nino Apreda (UCID Campania) e Giuseppe Tripoli, segretario generale di Unioncamere.
“La spesa sociale italiana ha raggiunto livelli significativi, ma ciò non significa che il sistema sia efficiente”, ha affermato Giorgio Vittadini. “È tempo di rinnovare il patto sociale, mettendo al centro la sussidiarietà e valorizzando il contributo di tutti – pubblico, privato e Terzo settore – per costruire una società più coesa e resiliente”.
La fotografia scattata dal Rapporto evidenzia un welfare sbilanciato: quasi la metà della spesa è assorbita dalle pensioni, mentre solo il 20% va a politiche sociali rivolte a famiglie, minori, disabili e disoccupati. A ciò si aggiunge un sistema territoriale frammentato, con competenze distribuite tra Stato, Regioni e Comuni, spesso senza coordinamento. Il risultato? Sovrapposizioni, sprechi, servizi parcellizzati e poca attenzione alla persona.
Il Rapporto denuncia anche la persistente disparità tra Nord e Sud del Paese. “La narrazione secondo cui il Sud spreca mentre il Nord amministra bene è una favola che i numeri smentiscono”, ha sottolineato Vincenzo De Luca, evidenziando che la Campania riceve 300 milioni in meno all’anno rispetto alla media nazionale nel riparto del Fondo sanitario.
I dati parlano chiaro: nel 2024 le famiglie italiane hanno speso 138 miliardi di euro per coprire i costi del welfare, in particolare per salute, assistenza agli anziani e disabilità. Circa 5.400 euro a nucleo familiare, a testimonianza di quanto i cittadini debbano sopperire alle lacune del pubblico.
Ma il sistema non convince: solo il 38% degli italiani promuove le attuali politiche di contrasto alla povertà. Allo stesso tempo, cresce il disagio: il 5% delle famiglie possiede il 46% della ricchezza, mentre oltre il 28% delle famiglie con disabili è a rischio povertà o esclusione sociale.
Secondo Giuseppe Tripoli, segretario generale di Unioncamere, il valore complessivo del welfare in Italia, includendo il privato e il Terzo settore, raggiunge i 750 miliardi di euro. “Oggi il welfare non si basa più solo sul settore pubblico. Si sta trasformando in un ecosistema che punta sulla centralità della persona e valorizza le filiere dell’economia civile”, ha dichiarato.
Infine, Nino Apreda ha ribadito il ruolo delle piccole e medie imprese del Mezzogiorno: “Un nuovo welfare deve essere sartoriale, non standardizzato. Le imprese familiari del Sud rappresentano un capitale sociale che va valorizzato, non solo per il profitto ma per il bene comune”.