Istituto Toniolo, il nuovo Rapporto sulla condizione giovanile in Italia. Fabiana Dadone: “L’emergenza pandemica ha acuito emergenze già note”.

“I giovani italiani a volte occupano il centro dell’attenzione pubblica ma spesso restano una categoria astratta e poco rilevante per la società adulta”. Queste le premesse della presentazione del nuovo rapporto sulla condizione giovanile realizzato dall’Istituto Toniolo, lavoro d’indagine che dal 2013 prova ad analizzare la condizione dei giovani italiani. Dati che dimostrano l’improbabile inclusione dei giovani nel nostro Paese, nonché la difficoltà dei giovani italiani a progettare stabili percorsi di vita.

Un Rapporto che nella sua prima parte ha indagato l’impatto della pandemia tra i giovani, sotto il profilo della qualità della vita, della formazione, delle prospettive occupazionali e su come le nuove generazioni stanno reimpostando il proprio modo di leggere la realtà in cui vivono. Lavoro di ricerca proseguito con l’analisi sulle faglie di genere, territoriali e sociali, che la pandemia sta rischiando di allargare, sui consumi alimentari e sulle esperienze di vita comune dei giovani.

Ricerca che disegna un Pase poco ospitale per i giovani e nel quale la pandemia ha acuito le già preoccupanti fragilità e diseguaglianze nei percorsi formativi, professionali e di vita delle nuove generazioni. Emergenza che sta contribuendo a rendere sempre più difficile qualsiasi progetto di vita per i giovani, portando ad una sospensione di scelte importanti legate alla transizione alla vita adulta, principalmente per effetto dell’incertezza lavorativa e al peggioramento della situazione economica nazionale.

La condizione di NEET, secondo il rapporto, comprime sia la valorizzazione delle nuove generazioni nei processi di sviluppo del Paese, che i progetti di vita dei singoli, non solo nella fascia giovane ma anche in quella giovane-adulta (25-34 anni): dal 28,9% del 2019 al 30,7% (con un divario dalla media europea salito da 11,6 a 12,3 punti percentuali, secondo i dati Eurostat).

In particolare, nella fascia di età 30-34 anni, quasi l’80% dei NEET si è dichiarata insoddisfatta della propria situazione economica contro il 42% degli altri giovani. Sul tema, il programma “Garanzia giovani” avviato in Italia nel 2004 come principale iniziativa di contrasto al fenomeno dei NEET e di rafforzamento della transizione scuola-lavoro, oltre ad aver prodotto risultati non in grado di far recuperare lo svantaggio italiano rispetto al resto d’Europa, non è tutt’ora adeguatamente conosciuto. Tra i 30-34enni (che nel 2004 erano in pieno target per tale misura) quasi due su tre non ne hanno mai sentito parlare o solo vagamente, ma si arriva a tre su quattro tra gli under 25.

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Percentuale di intervistati che dichiarano di conoscere Garanzia Giovani

 18-2425-2930-34Tutti
No, Per Nulla47,026,729,734,3
Solo Vagamente29,432,133,931,9
Si, Abbastanza Bene15,623,824,321,4
Si, Molto Bene8,017,412,112,4
Totale100100100100

Percentuale di intervistati che hanno trovato abbastanza o molto utile il programma di Garanzia Giovani (almeno 4 punti su 5 nella valutazione)

 18-2425-2930-34Tutti
Utile per migliorare le competenze56,351,450,251,8
Utile soprattutto per migliorare la conoscenza delle aziende e del mondo del lavoro50,448,945,447,9
Utile per conoscere meglio il funzionamento dei servizi per l’impiego50,349,647,649,0
Utile per trovare o avviare un lavoro52,538,240,741,6

“I dati sulla scarsa conoscenza dei giovani di Garanzia giovani forniscono evidenza del fatto che a scuola e all’università generalmente non si parla degli strumenti principali che riguardano il lavoro delle nuove generazioni. Inoltre, solo circa la metà di chi ne ha beneficiato fornisce una valutazione positiva in termini di miglioramento delle competenze e di conoscenza del mercato del lavoro. L’auspicio è che la nuova Garanzia Giovani rilanciata in concomitanza con i finanziamenti di Next Generation Eu, riesca a superare i limiti sperimentati in passato – ha commentato Alessandro Rosina, demografo dell’Università Cattolica e coordinatore scientifico Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo – Si vive con i genitori perché non si possono sostenere le spese di una casa per il 37,7% degli intervistati, mentre per il 24,9% pesa la mancanza di un lavoro stabile. La famiglia resta l’ammortizzatore sociale per eccellenza ma non basta più. Non c’è stato un Paese che è ripartito con i giovani e l’Italia è rimasto il Paese nell’UE con la percentuale più alta di NEET (28,9%), con ben 10 punti percentuali sopra la media europea. Percentuale aumentata oltre il 30% con la pandemia, provocando un impatto sui giovani particolarmente evidente in riferimento al lavoro, formazione, indipendenza e relazioni di coppia. I giovani sono ora iper cauti nelle loro scelte, per mancanza di mezzi. In assenza di politiche adeguate alto è il rischio di cronicizzazione di tale condizione e di diventare destinatari passivi del reddito di cittadinanza”.

Fabiana Dadone
Fabiana Dadone

Dai dati emerge, inoltre, che i giovani più fragili sono quelli più propensi ad accettare qualsiasi lavoro in modo immediato (che a volte espone a rischi di sfruttamento e condizioni di lavoro inadeguate). La differenza si mantiene alta per la classe di età 30-34 anni: il 41,7% di chi dichiara una situazione finanziaria insoddisfacente accetterebbe qualsiasi lavoro contro il 33,3% di chi sta economicamente meglio. Per chi è in buona condizione finanziaria l’accettazione di un lavoro è molto legata alla conciliazione, soprattutto sul versante femminile, tra vita familiare e lavoro (per due trentenni su tre conta la comodità degli orari e la distanza da casa).

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I dati dell’indagine evidenziano, ancora, un’alta percentuale di giovani (tra i 18 e i 34 anni) che dichiarano una non buona situazione economica personale (42,1%) mentre uno su quattro (25,3%) dà la stessa valutazione alla famiglia in cui vive. La crisi sanitaria ha, nel complesso, accentuato ulteriormente la dipendenza dalla famiglia di origine. Tra chi vive in famiglie beneficiarie del Reddito di cittadinanza, il 46% circa ha titolo di studio basso, contro il 27% degli altri giovani. Questo evidenzia il forte rischio di diseguaglianze persistenti e di freno alla mobilità sociale se non si rafforzano i percorsi professionali e le politiche attive del lavoro.

Valutazione della situazione economica personale e familiare. Valori percentuali


PersonaleFamiliare
Molto cattiva12,84,2
Abbastanza cattiva29,321,1
Abbastanza buona51,763,9
Molto buona6,210,8



Totale100,0100,0

Per Roberto Fontolan responsabile comunicazione dell’Istituto toniolo: “Il quadro che emerge dal rapporto giovani documenta come la pandemia abbia colpito i giovani italiani. Nella ricerca, però, è possibile trovare degli spunti per l’elaborazione di nuove risposte per i giovani”.

Per l’Università Cattolica è poi intervenuta la Prorettrice Antonella Sciarrone Alibrandi: “Il Rapporto ha unito analisi qualitative e quantitative con la capacità di lettura di nuovi filoni di indagine. Dalla ricerca emerge il fatto che c’è molto da fare in risposta alle esigenze dei giovani: vanno ripensati gli elementi di efficienza e sostenibilità del welfare. Serve un forte investimento di risorse pubbliche sulle fasce giovanili e sulle famiglie. Ancora bisogna aiutare i ragazzi a orientarsi, così da aiutarli a comprendere i propri punti di forza. Per questo serve una maggiore convergenza tra operatori pubblici e privati”.

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Parere condiviso da Mauro Migliavacca, sociologo dell’Università di Genova: “La ricchezza globale sta crescendo ma resta concentrata nelle mani dell’1% della popolazione mondiale che detiene il doppio della ricchezza di 7 miliardi di persone. In Italia 1 persona su 4 è a rischio di povertà e più di 5 milioni vivono in
condizioni di povertà assoluta. Il 5% della popolazione, ancora, detiene circa il 90% della popolazione più povera. I giovani – prosegue Migliavacca, insieme a donne e immigrati sono i più colpiti da questa condizione di povertà. Per il 42% degli intervistati della fascia d’età 18-34 la situazione economica personale non è rosea.
L’introduzione del reddito di cittadinanza – prosegue – ha rappresentato un passaggio importante nel contrastare il dilagare di nuove e vecchie povertà. E’ fondamentale supportare il reddito delle persone, delle famiglie, dei giovani ma al tempo stesso vanno monitorati gli interventi per verificare l’efficacia delle politiche messe in campo e si deve lavorare sulla qualità nella progettazione degli interventi di inclusione”.

Successivamente, ha preso la parola la ministra per le Politiche giovanili, Fabiana Dadone: “L’emergenza pandemica ha acuito emergenze già note. Provare a riorientare le politiche pubbliche per i giovani tenendo a mente i dati sia la soluzione migliore per raggiungere risultati positivi. Negli anni – ricorda Dadone – si sono adottate scelte senza prestare attenzione alla valutazione di impatto delle politiche messe in campo. I ragazzi sono il motore dei cambiamenti. Se i ragazzi non saranno coinvolti difficilmente sentiranno proprie le iniziative create per loro. Recentemente ho avviato una consultazione tra i giovani che ha visto la partecipazione di circa 15mila ragazzi. Una risposta grandissima, che ci ha dato dei suggerimenti, aiutandoci farli sentire parte di qualcosa”. Sul programma Garanzia giovani la ministra ha poi aggiunto che: “I ragazzi non conoscono il programma. Anche su questo siamo intervenuti con l’idea di creare un sito aggregatore, giovani2030, dove i giovani potranno trovare tutte le informazioni sugli interventi nazionali e locali, grazie a una comunicazione facile e diretta, capace di spiegare gli strumenti a disposizione per superare un gap di conoscenza sugli interventi”.

“Il servizio civile universale – ha aggiunto la ministra – ci ha permesso di aumentare l’indice di occupabilità , ma dobbiamo riuscire a far arrivare questo strumento ai ragazzi che hanno abbandonato il percorso di istruzione.
Oltre al programma Garanzia giovani, abbiamo altri strumenti , come il nuovo Erasmus+ e il Corpo europeo di solidarietà”.

Monica Maggioni, giornalista della RAI, ha poi aggiunto che “bisogna essere in grado di costruire dei percorsi, per superare le debolezze strutturali del sistema Paese”. “Next generation EU – prosegue – può essere un punto di svolta se adeguatamente governato e impiegato ma i giovani devono essere integrati nei processi. Dire quali sono le politiche per i giovani va benissimo, ma l’elemento di presa a bordo dei giovani nel processo è un passo fondamentale”.

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