L’Insularità in Costituzione è legge: via libera (definitivo) alla Camera.

Con 412 voti favorevoli, nessun contrario e un astenuto, il principio di insularità entra in Costituzione. A confermarlo l’ultimo via libera della Camera dei Deputati che, in seconda lettura, ha detto sì all’inserimento del comma “la Repubblica riconosce le peculiarità delle Isole e promuove le misure necessarie a rimuovere gli svantaggi derivanti dall’insularità” all’articolo 119 della Carta costituzionale. Un elemento tutt’altro che marginale capace di riconoscere le peculiarità insulari derivanti dalla condizione geografica e riequilibrare gap territoriali.

Una battaglia – nonostante l’odierna corsa dei partiti all’apposizione del proprio cappello – portata avanti negli anni in particolar modo dai Riformatori Sardi e dall’esponente, scomparso lo scorso dicembre 2020, Roberto Frongia: “Abbiamo cambiato il corso della storia – ha dichiarato il Presidente della Commissione speciale per l’insularità e del Comitato promotore per l’insularità in Costituzione, Michele Cossa -. Oggi il Parlamento ha espresso la volontà di riconoscere i diritti delle isole. Da questo momento in avanti la Sardegna e tutte le Isole d’Italia hanno gli stessi diritti, riconosciuti dallo Stato, e la possibilità di avviare quel cambiamento necessario per superare gli handicap che fino a oggi ne hanno frenato lo sviluppo. Ci aspetta ora un grande lavoro affinché il principio di insularità in Costituzione venga declinato al meglio e porti a un reale giovamento per la Sardegna. Ora – conclude – toccherà a noi far valere nei confronti dello Stato e, a catena dell’Unione Europea, le opportunità offerte dall’affermazione di questo principio”.

Roberto Frongia, Foto Sardegnagol, riproduzione riservata, 2020 Gabriele Frongia
Roberto Frongia, Foto Sardegnagol, riproduzione riservata

Per la prima volta nella storia della Repubblica una legge di iniziativa popolare cambia la Costituzione. Lo Stato da questo momento in avanti sarà chiamato a riconoscere le condizioni e i limiti dell’insularità, sanando una ferita tra le Isole d’Italia e il resto della Penisola rimasta aperta fin dal 1946.

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Essere un’isola, è il ragionamento alla base della proposta di legge, comporta enormi costi aggiuntivi (legati principalmente ai trasporti, al costo dell’energia, al gap infrastrutturale, ad un mercato interno ritratto ed esposto più degli altri agli shock esogeni), che non consentono ai cittadini e alle imprese delle isole di avere pari condizioni di partenza rispetto ai connazionali. Uno studio specifico realizzato dall’Istituto Bruno Leoni, ha quantificato il “costo dell’insularità” per la Sardegna in circa 5.700 euro procapite: circa 9 miliardi di euro l’anno (a fronte di un PIL della regione che non arriva a 30 miliardi di euro). Uno studio analogo predisposto dalla Regione siciliana parla invece di circa 1300 euro per ogni cittadino siciliano (6,5 miliardi in totale). Ancora più complicato è vivere e lavorare nelle isole minori e negli arcipelaghi, gravati da una condizione di “doppia” (anche tripla) insularità. Da qui la richiesta della Sardegna, attraverso il Comitato promotore per l’insularità in Costituzione, al Parlamento: azzerare gli attuali svantaggi strutturali legati all’insularità e consentire finalmente alle isole di competere con pari punti di partenza con tutti gli altri territori italiani. Con il voto della Camera dei Deputati, ultimo passaggio previsto per le leggi di rango costituzionale, i diritti delle Isole d’Italia sono stati ascoltati.

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“La Sardegna è oggi più forte – ha detto il Presidente della Regione Christian Solinas -. Le regioni insulari non sono una realtà demografica marginale. Ospitano una popolazione totale di quasi 30 milioni di abitanti, pari a poco meno del 5% della popolazione dell’UE, appartenenti a 13 Stati membri, dal Mediterraneo, al mar Baltico e al mare del Nord. Parlare di questi numeri equivale a descrivere uno Stato di medie dimensioni. Siamo dunque – conclude il Presidente – una tipologia territoriale che non può continuare a essere trascurata dalle politiche dell’Unione europea. Ed è partendo da questa considerazione di base che dobbiamo continuare a batterci per ottenere pari condizioni”.

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