Il post voto. Il gioco delle parti è sempre in voga.

Chi pensava agli innovativi scenari del voto del 4 marzo in termini di svolta e di nuovo corso della politica nazionale è rimasto deluso. Tra i delusi sicuramente Liberi e Uguali. Il partito di Grasso (senatore grazie al paracadute offerto dai meccanismi aberranti del sistema proporzionale), non è riuscito nell’intento di raggiungere la quota del 7-9% (data per certa da molti esponenti del partito durante la corsa elettorale), fermandosi ad un imbarazzante 3,3%. Un pallido risultato che si traduce in uno scarso peso politico per i prossimi anni a venire e le stesse  dichiarazioni di favore verso il sostegno ad un ipotetico Governo del M5S sono un segnale abbastanza evidente della necessità di LeU di tentare le poche carte rimaste per provare a tornare al centro della politica nazionale. 

Le cose non vanno per niente bene neppure in casa PD. Dopo la debaclè del 4 marzo e la “ronda del piacere” dei consueti proclami all’unità delle varie anime del partito e le canoniche frasi tipo “Dobbiamo tornare tra la gente” si è scatenata la più ovvia della resa dei conti . Solo in Sardegna, in meno di 4 giorni, si sono dimessi dalla segreteria regionale i rappresentanti dell’area che fa capo all’europarlamentare Renato Soru, Giuseppe Frau, Barbara Cadoni e Antonio Piu . Anche l’area popolare-riformista di Fadda-Cabras è sul piede di guerra, pronta a chiedere un cambio radicale alla prossima direzione regionale del partito prevista il prossimo 17 marzo a Oristano. Morittu, Alberta Grudina e Aldo Pili non si sono ancora dimessi, ma ormai è solo questione di giorni. Un effetto domino che sta interessando tutto il territorio con diverse defezioni. Prima in assoluto quella del consigliere di Jerzu, Gianluigi Piras, che ha lasciato il partito e il consiglio comunale. Ancora , però, non risulta essersi dimesso dalla carica di Consigliere d’Amministrazione all’ERSU di Cagliari (nomina politica). 

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Gli unici a festeggiare per il risultato elettorale, ovviamente, sono i pentastellati e la Lega di Salvini che, con molta probabilità, si spartiranno le principali cariche parlamentari. Sintomatica, comunque,  la penuria di slogan e toni forti in questa fase del post voto. Una strategia ormai consumata che fa ben poco sperare per un autentico cambiamento politico e amministrativo. Un comportamento tipico di chi, ormai sazio della propria vittoria, non ha più nulla da dimostrare passando dalle dichiarazioni performanti del “faremo, cambieremo” a esternazioni più prettamente politiche e attendiste “del bisogna valutare”, “capire le coperture”, “quadrare la cerchia”, “il rispetto per gli elettori” , “per la democrazia” e ovviamente tante altre esternazioni che ormai hanno acquisito un totale svuotamento semantico.

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Un altro dato certo di queste ultime elezioni è offerto dallo scarso contributo in termini di elettorato attivo under35, poco incisivo in termini demografici, con una media di 13-20 elettori under 25 a sezione elettorale. Un apporto che fa ben capire la scarsa attenzione politica dedicata ai giovani italiani, nei programmi e nell’azione di Governo. Una dinamica, questa, che dovrebbe far prendere coscienza agli under35 sardi per la promozione di un nuovo movimento autonomo, slegato da mandanti politici e con un programma concreto ritagliato sulla condizione giovanile, sul lavoro, sulle politiche per la casa, sulla formazione e la mobilità internazionale. 

Gli under35 in Sardegna non possono più perdere tempo. Non devono continuare ad essere soltanto un buon espediente per caricare gli stucchevoli discorsi sulla gestione della cosa pubblica oppure citati in modo vaporoso e inconsistente nei programmi politici . L’under35 deve prendere coscienza delle proprie esigenze, caratteristiche socio-economiche e , soprattutto, del fatto di non essere mai stato al centro della politica di oggi, poichè , tristemente, non ricopre una percentuale di voti paragonabile agli over 45 in questo Paese. 

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