Europa

Il Piano “ReArm Europe” della Commissione Europea: ambizioni e sfide.

Nel marzo 2024, la Commissione Europea ha presentato il piano ReArm Europe/Readiness 2030, una proposta che mira a sfruttare oltre 800 miliardi di euro in spese per la difesa. Il piano prevede l’utilizzo della flessibilità fiscale nazionale, l’introduzione di un nuovo strumento di prestito da 150 miliardi di euro (SAFE) per gli acquisti congiunti, la possibile riallocazione dei fondi di coesione (molto criticata da alcuni Governi nazionali) e un supporto ampliato da parte della Banca Europea per gli Investimenti. Un obiettivo cruciale del piano è anche mobilitare il capitale privato attraverso l’Unione dei Risparmi e degli Investimenti.

ReArm Europe ha suscitato, come ormai è evidente, un ampio dibattito. Molti accolgono positivamente le sue ambizioni e il crescente ruolo dell’UE nella difesa, ma non mancano preoccupazioni riguardo alla supervisione democratica, alla frammentazione del mercato della difesa e alla sostenibilità economica. Alcuni esperti propongono alternative, come la creazione di una nuova Banca per il Riarmo o una Banca per la Difesa, la Sicurezza e la Resilienza, che potrebbero offrire prestiti a basso interesse e garanzie sui rischi per sostenere gli investimenti in difesa europei e alleati.

Nonostante il piano ReArm Europe rappresenti un segnale politico importante, secondo un recente studio realizzato dagli autori Sebastian Clapp, Martin Höflmayer, Elena Lazarou and Marianna Pari, gli esperti avvertono che esso dovrà essere seguito da misure pratiche per garantirne l’efficacia. È essenziale, secondo loro, un approccio comune agli acquisti, la priorità per l’equipaggiamento prodotto in Europa e la creazione di una base industriale della difesa più integrata. Altri ritengono che il piano dovrebbe fare di più, includendo opzioni per il finanziamento a fondo perduto e strutture di governance più robuste.

Nel marzo 2025, la maggior parte dei gruppi politici del Parlamento Europeo ha espresso forte sostegno per il rafforzamento della difesa europea, supportando il piano ReArm Europe ma chiedendo anche una strategia a lungo termine. Molti hanno sottolineato la necessità di autonomia strategica rafforzata, un accesso sicuro alle risorse e il continuo supporto all’Ucraina. Tuttavia, sono emerse preoccupazioni circa il possibile marginalizzamento del Parlamento attraverso l’uso dell’Articolo 122 TFEU e il rischio di una dipendenza eccessiva dalle misure di emergenza. Alcuni hanno anche avvertito che le spese per la difesa non dovrebbero compromettere i finanziamenti destinati alla transizione verde, alla coesione sociale e alla ricerca e sviluppo.

Il dibattito sul finanziamento dell’industria della difesa europea ha visto un crescente interesse da quando, per la prima volta, sono stati destinati fondi dell’UE a questo scopo attraverso il Fondo Europeo per la Difesa (EDF), istituito nel quadro finanziario pluriennale dell’UE 2021-2027, e le sue azioni pilota e preparatorie. Tuttavia, è stata l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel 2022 a scatenare e amplificare questi dibattiti, dando urgenza e slancio alla questione. Questo trend ha iniziato ad essere oggetto di dibattito e inserito all’interno dello Strategic Compass del 2022, che guida l’azione di sicurezza e difesa dell’UE fino al 2030, e nella Dichiarazione di Versailles dei leader dell’UE dello stesso anno.

Questo documento, in particolare, analizza le opzioni di finanziamento per la difesa dell’UE da una prospettiva legale (in termini di cosa permettono i Trattati UE), budgetaria e fiscale. L’istituzione dell’EDF sulla base dell’Articolo 173 TFEU, che conferisce all’UE la competenza in materia di competitività dell’industria, ha aperto la strada all’adozione della Legge a Supporto della Produzione di Munizioni (ASAP) e della Legge per il Rafforzamento Industriale della Difesa attraverso gli Appalti (EDIRPA), che attingono fondi dal bilancio dell’UE. Oltre a queste normative, meccanismi come la Struttura Europea per la Pace e la spesa individuale per la difesa dei singoli Stati membri sono stati fonti chiave di finanziamento per la difesa dell’UE. Inoltre, in settori come lo spazio, i trasporti e la tecnologia, altre fonti di bilancio dell’UE hanno sostenuto progetti e prodotti a doppio uso (civile e militare).

L’inclusione della sicurezza e della difesa come priorità chiave per la Commissione 2024-2029, insieme all’impegno della Presidente Ursula von der Leyen per l’avanzamento verso un’Unione Europea della Difesa nelle sue linee politiche, ha portato la discussione sul finanziamento della difesa al centro dell’attenzione. Nei lavori preparatori per il primo white paper per la difesa europea, presentato il 19 marzo 2025, il finanziamento – insieme all’industria e alle capacità – è uno dei pilastri principali per il futuro della difesa dell’UE. Il white paper segue la presentazione, il 4 marzo, del Piano ReArm Europe, che sottolinea che “gli Stati membri devono spendere meglio, collaborare e dare priorità alle imprese europee”, con il supporto dell’UE per il coordinamento e lo sviluppo di equipaggiamenti di difesa all’interno dell’Europa. Le sue proposte riecheggiano quelle dei rapporti di Letta e Draghi, presentati nel 2024, rispettivamente sul mercato unico e sulla competitività.

Il Piano ReArm Europe e la crescente attenzione sul finanziamento della difesa europea indicano che l’UE sta affrontando un momento decisivo per la costruzione di una difesa comune e integrata. La sfida ora è passare dalla visione politica alle azioni concrete, creando le condizioni per un’industria della difesa europea competitiva, sostenibile e capace di rispondere alle minacce del futuro.

Dopo una pausa di quattro anni, nel 2024 le regole fiscali dell’Unione Europea sono riprese sotto un nuovo quadro di governance economica. Mentre il 2025 segna il ritorno alla normale coordinazione economica e di bilancio, le dinamiche geopolitiche in evoluzione e le politiche mutevoli degli Stati Uniti hanno alimentato dibattiti urgenti sulla spesa per la difesa e sulla flessibilità fiscale necessaria per affrontarla.

Il nuovo quadro fiscale consente agli Stati membri di deviare temporaneamente dalle regole fiscali, attraverso due distinte “clausole di deroga”: la clausola di deroga generale e la clausola di deroga nazionale. La clausola di deroga generale permette agli Stati membri dell’UE di deviare temporaneamente dalle regole fiscali in caso di grave recessione economica che colpisca l’area euro o l’intera Unione. Al contrario, la clausola di deroga nazionale (NEC) offre maggiore flessibilità, applicandosi a circostanze eccezionali specifiche di un Paese, fuori dal suo controllo, che incidono significativamente sulle sue finanze pubbliche.

La particolarità della lettura di questa clausola sta nella sua capacità di adattarsi a una gamma più ampia di situazioni rispetto alla semplice crisi economica generale, rendendola uno strumento più versatile per affrontare le sfide nazionali. Tuttavia, non si riferisce a singoli tipi di spesa che potrebbero essere esclusi (come la difesa o altre voci). Mentre la sostenibilità fiscale rimane una condizione, il Consiglio dovrà stabilire un limite temporale per tale deviazione, anziché una sospensione rinnovabile di un anno come nel caso della clausola di deroga generale.

In entrambi i casi, il Parlamento europeo è coinvolto tramite il suo ruolo di controllo nell’ambito dell’Esercizio del Semestre Economico, in particolare attraverso un “dialogo economico” sia a livello di commissione che in plenaria. Per svolgere questo ruolo, sia il Consiglio che la Commissione sono tenuti a rispettare requisiti di reporting, che includono l’analisi della Commissione sulle clausole di deroga.

Nel suo white paper sulla difesa europea e in una comunicazione complementare, la Commissione propone il rilassamento delle regole fiscali dell’UE attraverso l’attivazione coordinata della clausola di deroga nazionale (NEC). La NEC permetterebbe agli Stati membri di deviare dai percorsi di spesa netta a causa dell’aumento della spesa per la difesa. Questa misura permetterebbe agli Stati membri di deviare temporaneamente dalle regole fiscali europee, consentendo un incremento della spesa per la difesa fino a un massimo dell’1,5% del PIL nazionale, senza essere contabilizzata come debito (come specificato nell’Articolo 22(7) del Regolamento (UE) 2024/1263).

Tuttavia, tale deroga è temporanea e le spese per la difesa saranno monitorate come voce separata, mantenendo la trasparenza fiscale. Secondo le linee guida della Commissione, l’attivazione della NEC potrebbe tradursi in circa 650 miliardi di euro di spese aggiuntive per la difesa a livello dell’UE nei prossimi quattro anni. A differenza dei 150 miliardi di euro previsti per i prestiti a livello UE, queste spese sarebbero decise a livello nazionale e non avrebbero restrizioni geografiche su come e dove spendere i fondi aggiuntivi.

In questo contesto, il Piano ReArm Europe dell’UE e il più ampio dibattito sul finanziamento della difesa si trovano di fronte a sfide complesse. Il ritorno della flessibilità fiscale, combinato con misure strategiche a livello europeo, rappresenta una risposta alle crescenti esigenze di difesa, ma è anche un test per la capacità dell’Unione di conciliare le sue ambizioni di sicurezza con la sostenibilità economica a lungo termine.

Le reazioni all’attivazione della NEC sono state, quindi, contrastanti. Bertrand De Cordoue, del Jacques Delors Institute, sottolinea l’urgenza di superare le barriere nazionali nella politica sugli armamenti dell’UE. De Cordoue ritiene che l’Europa debba rafforzare la propria difesa, soprattutto in vista di un eventuale ridimensionamento del supporto degli Stati Uniti. Tuttavia, avverte che l’aumento della spesa nazionale, senza riforme strutturali, potrebbe portare a duplicazioni e inefficienze. Propone tre principi chiave: acquisti comuni, prioritizzazione delle armi prodotte in Europa e integrazione dell’innovazione militare dell’Ucraina.

Fenella McGerty, dell’International Institute for Strategic Studies (IISS), considera invece il piano ReArm Europe una risposta necessaria ma economicamente impegnativa alle dinamiche di sicurezza in cambiamento, in particolare per via di un possibile ridimensionamento del supporto degli Stati Uniti. Pur riconoscendo l’importanza di aumentare la spesa per la difesa per l’autonomia strategica europea, McGerty evidenzia i rischi fiscali e politici significativi. L’allentamento delle regole sul debito e l’uso di fondi fuori bilancio potrebbero fornire una flessibilità finanziaria a breve termine, ma aumenterebbero le preoccupazioni a lungo termine sul debito, soprattutto considerando la pressione esistente sulle finanze pubbliche dovuta agli impegni demografici e climatici. Per McGerty, ReArm Europe è un’iniziativa audace ma rischiosa, che richiede una gestione fiscale attenta per evitare instabilità economica.

Inoltre, la Commissione propone un nuovo strumento finanziario, il Security Action for Europe (SAFE), che prevede prestiti fino a 150 miliardi di euro per aumentare gli investimenti in difesa negli Stati membri e complementare il sostegno dell’UE all’Ucraina. Questo strumento, proposto per il periodo 2025-2030, si basa sull’Articolo 122 TFEU (strumento di emergenza) che consente agli Stati membri di impegnarsi in spese pubbliche per sostenere la base industriale e tecnologica della difesa europea (EDTIB). Tuttavia, l’Articolo 122 non prevede il coinvolgimento diretto del Parlamento europeo nel processo, come accaduto con i fondi NGEU durante la pandemia di COVID-19. All’epoca, dopo le preoccupazioni e il malcontento del Parlamento sull’uso dell’Articolo 122 come base giuridica, le tre istituzioni (Parlamento, Consiglio e Commissione) concordarono una procedura di controllo di bilancio, in cui il Parlamento avrebbe esaminato le implicazioni fiscali di tali atti legislativi.

In particolare, il SAFE consente agli Stati membri di partecipare a procedure di approvvigionamento comuni per l’acquisizione di prodotti e tecnologie di difesa, coinvolgendo almeno due Stati membri o uno Stato membro e l’Ucraina o un paese dell’Area Economica Europea (EEA/EFTA). L’inclusione dell’Ucraina come partner potenziale per gli approvvigionamenti comuni risponde alla necessità di sostenere il Paese nel suo conflitto con la Russia e di rafforzare la cooperazione difensiva tra l’UE e i suoi vicini.

Un aspetto distintivo di SAFE è la clausola di preferenza europea, che stabilisce che le infrastrutture, le risorse e i contratti legati agli approvvigionamenti comuni debbano essere localizzati in uno Stato membro, in un paese EEA/EFTA, o in Ucraina. Nel caso in cui le aziende non abbiano alternative in questi territori, potranno utilizzare strutture estere, ma solo se non compromettono gli interessi di sicurezza dell’UE e dei suoi Stati membri. Inoltre, almeno il 65% del costo dei componenti dovrà provenire dall’UE, dall’EEA/EFTA o dall’Ucraina.

Per ricevere il finanziamento, gli Stati membri dovranno esprimere il loro interesse e presentare una richiesta finanziaria accompagnata da un piano di investimento per l’industria della difesa europea. L’assistenza finanziaria, che potrà arrivare a un totale di 150 miliardi di euro, verrà erogata sotto forma di prestiti a lunga scadenza, con una durata massima di 45 anni. La Commissione Europea si occuperà di raccogliere i fondi sui mercati finanziari, garantiti dal margine di manovra del bilancio dell’UE, e i rimborsi saranno effettuati dal bilancio dell’UE stesso. I prestiti saranno erogati entro il 2030, con il pagamento previsto fino alla fine del 2030, e la proposta prevede spese amministrative per un ammontare di circa 19,4 milioni di euro fino alla fine del 2027.

Sebbene SAFE rappresenti una nuova opportunità di finanziamento per potenziare la difesa europea, gli esperti sollevano alcuni interrogativi. Daniel Fiott, del Centre for Security, Diplomacy, and Strategy (CSDS), mette in guardia sulle potenziali difficoltà nell’allocare i prestiti tra gli Stati membri. La selezione dei beneficiari, i criteri di assegnazione e le modalità di gestione dei prestiti sono questioni cruciali che potrebbero determinare l’efficacia dell’iniziativa. Inoltre, Fiott sottolinea che, pur rappresentando una risposta importante alle esigenze difensive dell’Europa, i prestiti potrebbero comportare sfide per l’efficace gestione degli investimenti e il mantenimento della sostenibilità fiscale, in particolare in un periodo di crescente pressione sul bilancio pubblico.

Il piano, pur cercando di affrontare in modo deciso le sfide di sicurezza, è anche un test cruciale per l’efficacia della cooperazione europea in materia di difesa. La creazione di un fondo come SAFE rappresenta un passo significativo verso il rafforzamento dell’autonomia strategica dell’UE, ma richiede un equilibrio attento tra gli interessi nazionali e le necessità di un’industria della difesa europea sempre più integrata e competitiva.

Il piano ReArm Europe, e in particolare lo strumento SAFE, segna un punto di svolta nelle politiche di difesa dell’UE. Tuttavia, l’attuazione di tali misure dipenderà dalla capacità dell’UE di affrontare le sfide strutturali, come la cooperazione tra Stati membri, la gestione delle risorse e il controllo delle spese. Sarà fondamentale garantire che la spesa per la difesa non vada a scapito di altri settori cruciali, come la transizione verde, le spese sociali e l’investimento in ricerca e sviluppo.

Inoltre, l’efficacia del piano dipenderà dalla capacità dell’Unione di integrare i diversi sistemi industriali di difesa e di affrontare in modo coordinato la crescente minaccia geopolitica. In questo contesto, la creazione di un mercato unico della difesa e la promozione di acquisti comuni rappresentano passaggi chiave per evitare inefficienze e garantire che l’Europa sia pronta a rispondere alle sfide di sicurezza del futuro.

In un contesto di crescente instabilità geopolitica e con l’esigenza di rafforzare la capacità di difesa dell’Unione Europea, il piano ReArm Europe include anche la direzione dei fondi di coesione verso progetti legati alla difesa. Questa proposta prevede la possibilità di ridistribuire fondi non ancora impegnati dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) per finanziare progetti infrastrutturali, di ricerca e sviluppo in ambito difesa. Tale adattamento alla politica di coesione avverrebbe in occasione della revisione a metà periodo dei fondi di coesione, prevista dall’articolo 18 del Regolamento (UE) 2021/1060, con una decisione da prendere congiuntamente dal Parlamento e dal Consiglio.

Secondo la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, sarà a discrezione degli Stati membri decidere se utilizzare questa possibilità di reindirizzare i fondi, destinando una parte delle loro allocazioni nazionali a progetti di difesa. Questo permetterebbe di migliorare l’infrastruttura difensiva europea e promuovere lo sviluppo di tecnologie avanzate in ambito militare, come i sistemi di armamento o le capacità di difesa cibernetica, riducendo al contempo le vulnerabilità dell’UE.

Nel contesto di questa revisione, gli Stati membri devono anche proporre l’allocazione di una somma di flessibilità che, attualmente, è riservata per altre finalità. È interessante notare che, con l’avvio del periodo finanziario 2021-2027, gli Stati membri avevano inizialmente dato priorità all’implementazione dei fondi NGEU (Next Generation EU), a causa di scadenze più ravvicinate per la loro attuazione, rispetto ai fondi di coesione. Ciò ha causato alcuni ritardi nell’avvio dei programmi di coesione per il periodo 2021-2027, i quali prevedevano un’allocazione complessiva di 372,6 miliardi di euro. Alla fine di ottobre 2024, gli Stati membri avevano deciso il 30% dei fondi di coesione, ma i pagamenti effettuati ammontavano solo al 6,4% dell’importo totale previsto.

Negli ultimi anni, la politica di coesione è stata utilizzata per rispondere a emergenze, come il sostegno ai rifugiati in fuga dall’invasione russa dell’Ucraina e l’assistenza agli Stati membri che affrontano le conseguenze della guerra (ad esempio, iniziative come CARE e FAST-CARE). Nella sua opinione del 20 febbraio intitolata “A Strong European Defence Industry”, il Comitato delle Regioni ha suggerito che qualsiasi trasferimento di fondi di coesione a progetti di Difesa e Industria della Difesa Europea (EDIP) dovrebbe concentrarsi su progetti non finanziabili sotto la gestione condivisa della politica di coesione e che siano in grado di supportare la coesione territoriale, economica e sociale delle regioni. Si è sottolineata, in particolare, l’importanza di supportare cluster regionali di difesa o dual-use, ovvero progetti che riguardano beni e tecnologie necessari per mantenere le capacità militari, soprattutto nelle regioni più vulnerabili ai rischi di minacce militari convenzionali o non convenzionali.

Inoltre, i co-relatori del Parlamento per il quadro finanziario pluriennale post-2027 hanno espresso, nel loro rapporto preliminare, la necessità di aumentare la capacità di risposta alle crisi nel bilancio dell’UE, in modo che i fondi di coesione possano essere utilizzati per gli obiettivi di investimento previsti, senza distogliere risorse da altri settori cruciali come la coesione sociale ed economica.

L’integrazione dei fondi di coesione nella strategia di difesa europea, insieme al piano ReArm Europe, segna un passo importante per rafforzare l’autonomia e la resilienza dell’UE. Tuttavia, l’efficacia di queste misure dipenderà dalla capacità dell’Unione di coordinare gli sforzi tra gli Stati membri e garantire che gli investimenti siano gestiti in modo trasparente ed efficiente, con un occhio attento alla sostenibilità a lungo termine del progetto di difesa europea. Le prossime fasi di attuazione di queste iniziative saranno determinanti per definire il futuro della difesa in Europa e la sua capacità di rispondere alle sfide globali.

Nel dicembre del 2024, il Commissario europeo per la Difesa e lo Spazio, Andrius Kubilius, ha proposto di allocare 100 miliardi di euro per la difesa nel prossimo bilancio pluriennale dell’UE (MFF), un segno dell’urgenza di rafforzare le capacità difensive dell’Unione in vista di una possibile aggressione russa. Questa proposta riflette la necessità di integrare meglio l’industria della difesa frammentata dell’UE, di aumentare il supporto all’Ucraina e di migliorare il coordinamento con la NATO e gli Stati Uniti. Sebbene il bilancio dell’UE non possa finanziare direttamente operazioni militari (ai sensi dell’articolo 41(2) del Trattato sull’Unione EuropeaTUE), è possibile destinare risorse a progetti di difesa nei settori delle ricerche tecnologiche, politiche spaziali, politiche industriali e allo sviluppo delle reti trans-europee, come previsto dagli articoli 170, 173 e 179 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). Pertanto, il bilancio dell’UE continua a supportare l’industria della difesa europea, la mobilità militare, la ricerca e la tecnologia dual-use, come le applicazioni spaziali.

Nel giugno del 2024, la Presidente von der Leyen aveva stimato che l’UE avrebbe bisogno di 500 miliardi di euro aggiuntivi per la difesa nel prossimo decennio, sottolineando quanto sia cruciale investire in capacità difensive a lungo termine. Il Rapporto Safer Together, redatto da Sauli Niinistö, ex Presidente della Finlandia e consigliere speciale della Commissione, suggerisce che il 20% del bilancio dell’UE dovrebbe essere destinato alla sicurezza e alla gestione delle crisi climatiche, un aspetto che sta acquisendo sempre maggiore importanza nell’agenda europea.

La recente revisione del Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) ha rinforzato la voce “Sicurezza e difesa”, incrementando di 1,5 miliardi di euro (pari al 16%) i fondi destinati all’European Defence Fund (EDF). Questo importo è stato proposto per essere utilizzato dal 2025 al 2027 per finanziare il European Defence Industrial Base (EDIP), fungendo da “colmatore” temporaneo fino all’adozione del prossimo MFF. Tuttavia, la voce “Sicurezza e difesa” nel bilancio attuale dell’UE ammonta a soli 16,4 miliardi di euro, pari all’1,3% delle spese totali del bilancio, una cifra che non consente margini di manovra sufficienti per aumentare ulteriormente la spesa in difesa senza un ripensamento del bilancio stesso.

La Commissione Europea presenterà la sua proposta per il MFF post-2027 entro il 1° luglio 2025, e ci si aspetta che la spesa per la difesa sarà una delle massime priorità. In un documento di lavoro relativo al prossimo MFF, si è considerata una ristrutturazione del bilancio in cui la difesa potrebbe essere parte di un Fondo Europeo per la Competitività. Il Parlamento europeo ha già avviato le deliberazioni e preparerà un rapporto di iniziativa sul futuro del bilancio a lungo termine dell’UE, con un’attenzione particolare all’aumento delle risorse destinate alle capacità difensive. I relatori del Parlamento sottolineano la necessità di allocare più risorse per garantire che l’Unione possa affrontare tutte le minacce, da quelle convenzionali a quelle non convenzionali. Tuttavia, un finanziamento che escluda il bilancio dell’UE diminuisce la responsabilità democratica, limitando il ruolo del Parlamento nelle trattative legislative e nel controllo dell’uso delle risorse.

Un’altra possibilità di finanziamento emersa riguarda i prestiti inutilizzati del Recovery and Resilience Fund (RRF). Dei 385 miliardi di euro previsti per i prestiti nell’ambito del Next Generation EU (NGEU), circa 93 miliardi non sono stati richiesti dagli Stati membri entro la scadenza legale (fine agosto 2023). L’idea sarebbe quella di recuperare questi fondi non richiesti e utilizzarli per scopi difensivi. Tuttavia, per poter fare ciò, sarebbe necessario modificare il Regolamento NGEU per ampliare l’ambito di utilizzo e adeguare le scadenze, oltre a modificare il Regolamento RRF e le condizioni di richiesta dei prestiti, che erano state fissate al 31 agosto 2023. In particolare, sarebbe necessario rivedere la Decisione sulle Risorse proprie riguardo alla scadenza per il rimborso dei costi di indebitamento di NGEU (attualmente fissata al 31 dicembre 2058) e, eventualmente, estendere le operazioni di prestito della Commissione oltre il 2026. Questa opzione, che avrebbe richiesto numerosi aggiustamenti legislativi, è stata però scartata nel pacchetto di difesa proposto.

foto Staff Sgt. Simon McTizic