Il costo della censura sui social media.
Il 7 febbraio 2025, un gruppo di deputati del Parlamento Europeo ha posto una domanda alla Commissione riguardo alle recenti dichiarazioni di Mark Zuckerberg, CEO di Meta, che ha annunciato la fine del programma di fact-checking negli Stati Uniti e l’introduzione di “community notes”, un sistema simile a quello adottato da X (ex Twitter). Zuckerberg ha inoltre accusato l’Unione Europea di “istituzionalizzare la censura” e di ostacolare l’innovazione, suscitando interrogativi sul rispetto da parte dell’UE della libertà di espressione e sull’impatto delle sue normative sul settore digitale.
I deputati hanno chiesto alla Commissione di chiarire la sua posizione riguardo a queste accuse, e di fornire dettagli sui costi derivanti dall’implementazione delle leggi europee in materia, in particolare del Digital Services Act (DSA). Hanno inoltre sollecitato un approfondimento sul profilo dei fact-checker nell’UE, nonché sui criteri di selezione di questi professionisti per garantire la diversità delle opinioni.
In risposta, la Commissione ha sottolineato che il DSA non regola il contenuto online né le espressioni individuali tutelate dal diritto alla libertà di espressione sancito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE, se non nei casi previsti dalle leggi nazionali relative ai contenuti illegali. Il Digital Services Act promuove l’innovazione creando un quadro normativo chiaro, basato sul rischio, che facilita l’accesso al mercato unico, riduce i costi di conformità e stabilisce condizioni di concorrenza eque.
Tuttavia, le obbligazioni più rigorose riguardano solo i fornitori di piattaforme online di grandi dimensioni (VLOPs) e motori di ricerca di grande dimensione (VLOSEs), data la loro influenza sistemica nel facilitare il dibattito pubblico e nella diffusione di informazioni, opinioni e idee. I costi legati all’implementazione del DSA sono riportati annualmente al Parlamento Europeo e al Consiglio, e saranno presto pubblicati nel rapporto che coprirà il secondo anno di applicazione della legge.
Per quanto riguarda i fact-checker, la Commissione ha chiarito che questi professionisti, verificati dalla European Fact Checking Standards Network, operano secondo elevati standard etici e professionali che garantiscono la loro indipendenza. La Commissione, infatti, non assume fact-checker direttamente, e l’articolo 35 del DSA non prevede il fact-checking come misura obbligatoria per affrontare i rischi sistemici legati al discorso civico, ai processi elettorali o alla sicurezza pubblica. Al contrario, spetta ai fornitori di VLOPs e VLOSEs implementare misure di mitigazione ragionevoli, proporzionate ed efficaci, che rispettino pienamente la libertà di espressione e che possano includere, se necessario, il fact-checking.
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