Il Conclave dopo Papa Francesco: elezioni e tensioni interne.
Con la morte di Papa Francesco, la Chiesa cattolica si prepara ad affrontare uno dei momenti più cruciali della sua storia recente: l’elezione del suo successore. Un conclave, in programma dal 7 maggio, che avrà l’onere di raccogliere l’eredità di un papato che ha segnato profondamente il cammino della Chiesa in questi ultimi 12 anni, portando avanti riforme significative e una visione di apertura e dialogo. Tuttavia, la sfida per il nuovo pontefice sarà immensa, con l’obbligo di rispondere non solo alle difficoltà interne alla Chiesa.
Il conclave che si terrà nei prossimi giorni si terrà con una composizione ben definita dei cardinali, che sono i protagonisti indiscussi dell’elezione del Papa. Al momento della morte di Papa Francesco, il numero di cardinali elettori, ovvero quelli con meno di 80 anni, è di 135 (mentre i non elettori sono 117). La composizione del collegio cardinalizio si è arricchita in questi anni grazie alle nomine di Francesco (ben 108 in 12 anni), che ha cercato di bilanciare la rappresentanza di diverse aree geografiche, in particolare l’Africa, l’Asia e l’America Latina, con l’intento di riflettere la crescente importanza di queste regioni per la Chiesa universale.
Dentro il conclave, come ogni fenomeno politico, esistono, contrariamente a chi pensa al dogma dell’unità indiscussa all’interno della Chiesa Cattolica, diverse “correnti politiche” che riflettono le molteplici sensibilità e visioni della Chiesa. Seppur il termine “politiche” non sia ufficialmente utilizzato in ambito vaticano, all’interno del collegio cardinalizio si sviluppano orientamenti distinti che influenzano la scelta del prossimo Papa.
Innazitutto vi sono i progressisti, il gruppo di cardinali, sostenitori dell’opera di Papa Francesco, che punta a continuare il suo progetto di riforma della Chiesa. Questi cardinali sono favorevoli a una Chiesa più aperta. Appoggiano la linea di maggiore dialogo con il mondo moderno, sostenendo iniziative come l’integrazione dei migranti, la lotta ai cambiamenti climatici e una visione di giustizia sociale più marcata. All’interno di questa corrente si trovano cardinali provenienti principalmente dall’America Latina, ma anche dall’Africa e dall’Asia. All’interno dei progressisti, poi, sono presenti, ovviamente, le sottocorrenti. I “progressisti ecumenici”, tra i quali il cardinale Jean-Claude Hollerich (Lussemburgo), che ha svolto un ruolo chiave nel cammino sinodale della Chiesa, e il cardinale Kevin Farrell (USA), che ha parlato più volte di inclusività e di dialogo con altre fedi religiose, come l’Islam e l’ebraismo e, infine, la sottocorrente dei “riformatori sociali”, composta da cardinali che pongono l’accento sulla giustizia sociale, sulla lotta contro le disuguaglianze e sulle politiche di accoglienza per i rifugiati. Tra i principali esponenti vi sono il cardinale Luis Antonio Tagle (Filippine), che è stato visto come uno dei papabili più vicini a Francesco e molto sensibile alle problematiche globali legate alla povertà, e il cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga (Honduras), da sempre sostenitore di una Chiesa che ponga al centro i diritti degli ultimi.
Ci sono poi i conservatori. Contrapposti ai progressisti, tendono a mantenere una visione tradizionale della dottrina cattolica. I conservatori sono in genere più legati alla difesa dei valori tradizionali della Chiesa, inclusa la sua posizione su temi come il matrimonio, la famiglia e la sessualità. La loro preoccupazione principale è preservare la purezza della dottrina senza cedere alle pressioni esterne o alle trasformazioni della società moderna. Tra i cardinali più influenti di questa corrente ci sono il cardinale Raymond Burke, statunitense, e il cardinale Gerhard Müller, tedesco, entrambi noti per le loro posizioni più conservatrici. Anche qui, contrariamente a quello che spesso si pensa circa l’unità dogmatica della Chiesa, vi sono i “tradizionalisti”, legati alle pratiche liturgiche tradizionali e all’insegnamento dottrinale classico della Chiesa, particolarmente rappresentati dal cardinale Raymond Burke (USA), noto per le sue posizioni fermamente contrarie a riforme dottrinali su temi come la famiglia e il matrimonio, e dal cardinale Gerhard Müller (Germania), ex prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, che ha spesso criticato la direzione presa da Papa Francesco su tematiche delicate come la misericordia e il ruolo delle donne nella Chiesa.
Tradizionalisti accompagnati dai “neoconservatori”, sottocorrente costituita da cardinali che, pur essendo più conciliatori rispetto ai tradizionalisti, restano molto attaccati alla dottrina e alla disciplina della Chiesa. Tra i rappresentanti più noti ci sono il cardinale Giovanni Angelo Becciu (Italia) e il cardinale Joseph Zen (Hong Kong), che hanno criticato l’ecumenismo e il dialogo con le altre religioni, in particolare quando si tratta di compromessi dottrinali.
Tra gli elettori, anche i cardinali moderati, la cosiddetta corrente intermedia, che cerca di mantenere un equilibrio tra le posizioni progressiste e quelle conservatrici. I moderati sono spesso visti come figure di compromesso, in grado di dialogare con entrambe le fazioni. Questo gruppo, pur non spingendo troppo per riforme radicali, è comunque favorevole a una visione della Chiesa che non si limiti a una rigida adesione alla tradizione, ma che sappia rispondere anche ai cambiamenti sociali. Un esempio di cardinale moderato è il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, che gode di grande rispetto in Vaticano. Qui, la geografia politica, vede la presenza dei “realisti pastorali”, formata da cardinali che credono in un approccio pastorale più equilibrato e al mantenimento della dottrina tradizionale, riconoscendo nel contempo la necessità di adattare le pratiche pastorali alle sfide moderne, e, infine, dei “sinodali”.
Il nuovo Papa dovrà affrontare una serie di sfide interne ed esterne alla Chiesa. Prima di tutto, dovrà raccogliere l’eredità di Papa Francesco, che ha portato avanti una riforma della Curia Romana, cercando di snellire e rendere più trasparente la struttura burocratica vaticana. Nonostante gli sforzi, molte delle sue riforme non sono state completamente implementate, e sarà compito del nuovo Papa continuare su questa strada, magari con un nuovo approccio o una rinnovata attenzione alle problematiche che la Curia deve affrontare, come la gestione degli abusi sessuali.
Inoltre, il prossimo Papa dovrà affrontare la crescente polarizzazione all’interno della Chiesa, tra chi sostiene un rinnovamento e chi invece chiede il ritorno a una Chiesa più tradizionale. Il futuro pontificato dovrà essere in grado di raccogliere queste sfide, facendo leva sull’unità e sulla missione spirituale della Chiesa, senza rinunciare ai principi fondamentali della fede.
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