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Greenpeace sfida Meloni e Trump al largo di Ravenna: “Il gas fossile è un suicidio climatico”.

Mentre l’Italia e l’Europa affrontano l’inizio di una stagione estiva segnata da temperature estreme e picchi climatici da record, Greenpeace Italia lancia un nuovo allarme dalla prima linea del Mediterraneo. A bordo della nave Arctic Sunrise, gli attivisti dell’organizzazione ambientalista sono entrati in azione al largo di Ravenna per denunciare la rinnovata alleanza energetica tra il governo Meloni e l’amministrazione Trump, fondata sul rilancio del gas fossile.

Obiettivo della protesta è il nuovo terminale di rigassificazione FSRU di Ravenna, la nave BW Singapore, simbolo – secondo Greenpeace – di una strategia energetica obsoleta e pericolosa. Gli attivisti hanno raggiunto l’impianto a bordo di gommoni e kayak, esponendo un enorme striscione con la scritta “Burn, baby, burn”, chiara parodia del celebre slogan trumpiano “Drill, baby, drill”, accompagnato da un’immagine della Terra in fiamme e dai volti del presidente statunitense e della premier italiana.

La manifestazione si inserisce in un contesto di crescente preoccupazione per gli effetti del cambiamento climatico, aggravati – denuncia Greenpeace – da scelte politiche che continuano a favorire i combustibili fossili. “Nonostante la crisi climatica sia sempre più evidente anche nel nostro Paese, con eventi meteo estremi e ondate di calore senza precedenti – afferma Federico Spadini di Greenpeace Italia – il governo Meloni continua a investire nel gas, sabotando di fatto la transizione ecologica. Dopo anni di dipendenza dal gas russo, ora ci consegniamo mani e piedi a Trump, contribuendo a una crisi che mette a rischio il nostro futuro e gonfia le bollette degli italiani”.

Il rigassificatore di Ravenna, inaugurato poche settimane fa, ha già ricevuto il primo carico di GNL statunitense l’11 giugno. Il secondo è atteso per domani. Eppure, i dati raccontano un’altra realtà: tra il 2021 e il 2024, la domanda nazionale di gas è calata del 19%, mentre l’importazione di GNL è scesa del 12% nell’ultimo anno. Una tendenza che rende, secondo Greenpeace, del tutto ingiustificati i nuovi investimenti in infrastrutture fossili, il cui costo – come nel caso del terminale di Ravenna – ha sforato di gran lunga il miliardo di euro inizialmente previsto.

L’Italia è oggi il quarto importatore di GNL in Europa, con USA e Qatar tra i principali fornitori. Un primato che secondo Greenpeace va nella direzione opposta rispetto a quanto sarebbe necessario per affrontare l’emergenza climatica. Per questo l’organizzazione chiede al governo italiano e all’Unione Europea un impegno concreto e immediato per bloccare ogni nuovo investimento nel gas, fissando il superamento completo delle fonti fossili entro il 2035 e puntando con decisione sulle energie rinnovabili, in particolare sole e vento, di cui il Paese è ricco.

L’iniziativa rientra nel tour europeo “Stop Fossil Gas” condotto da Greenpeace attraverso il Mediterraneo. Dopo la tappa di Venezia, dove centinaia di persone hanno visitato l’Arctic Sunrise, la nave ha proseguito la sua rotta verso l’Adriatico per portare al centro del dibattito la questione della dipendenza europea dal gas fossile e la necessità di una transizione energetica equa e sostenibile. Proprio a Venezia, Greenpeace ha messo in scena anche una protesta contro il matrimonio del magnate Jeff Bezos, definito “simbolo di un’economia insostenibile che ci sta portando al collasso”.

Foto Greenpeace