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Giovani: l’Italia perde i suoi migliori talenti, tra miliardi sprecati in formazione e un sistema che ostacola l’impresa.

L’innovazione è al centro, ma l’Italia continua a metterla ai margini. A pochi giorni dalla Rome Startup Week 2025 (RSW25), il grido d’allarme è chiaro: siamo un Paese che continua a perdere talenti e competenze che emigrano e non tornano più. Una amara realtà, riflesso di un sistema che continua a ignorare la sua risorsa più preziosa: i giovani.

I numeri sono allarmanti. Dal 2011, circa 700.000 giovani tra i 18 e i 34 anni hanno lasciato il Paese. Nel solo 2024 sono stati 191.000 (+20,5% rispetto all’anno precedente), con un incremento costante della quota di laureati: oggi rappresentano quasi il 50% degli emigranti. È una vera e propria emorragia di capitale umano e competenze, che svuota l’Italia mentre arricchisce altri Paesi – come Spagna, Germania e Regno Unito – più pronti ad accogliere chi vuole costruire, innovare e fare impresa.

Il paradosso è evidente: l’Italia investe ogni anno miliardi di euro nella formazione dei suoi giovani – dalla scuola pubblica all’università – per poi vederli partire, frustrati da un contesto che non premia il merito, né la visione. Percorsi di formazione costosi ma spesso scollegati dal mercato,, politiche di sostegno all’impresa inconsistenti e un sistema fiscale che rappresenta più una punizione che un incentivo.

In questo scenario risulta sempre più difficile invertire la rotta. Oltre all’inefficacia delle politiche e della inconsistenza della classe dirigente italiana, pesa un fisco che schiaccia le giovani imprese. L’Italia (giusto rimarcarlo) è tra i Paesi europei con la pressione fiscale più alta e, allo stesso tempo, con il tasso di occupazione giovanile più basso. Il contesto normativo, ancora, anziché agevolare, spesso complica e rallenta chi cerca di costruire qualcosa, rendendo quasi impossibile “fare impresa secondo le regole”. Senza contare i problemi di accesso per i giovani senza risorse proprie e garanti, per i quali i vari paraculi contributi a fondo perduto sono irraggiungibili, nonostante una narrazione burocratica celebrativa e autoreferenziale.

Secondo Eurostat, solo il 6% dei giovani stranieri considera l’Italia un luogo dove lavorare o fare esperienza. La reputazione del nostro Paese nel mondo dell’innovazione è debole, e ciò che dovrebbe essere un motore di sviluppo diventa una zavorra. Tra i Paesi OCSE, inoltre, siamo fanalino di coda per percentuale di laureati, e l’esercito dei NEET (giovani che non studiano, non lavorano e non si formano) continua a crescere.