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Giovani e futuro, il Veneto investe: 5,2 milioni per rafforzare inclusione e partecipazione. In Sardegna, il confronto è impietoso.

Mentre diverse regioni italiane accelerano sulla progettazione di politiche giovanili strutturate e incisive, la Sardegna continua a muoversi lentamente, spesso con iniziative episodiche, frammentate e prive di visione di lungo termine.

A ricordare l’impietoso stato di fatto per i giovani sardi è, oggi, il paragone con le politiche adottate dalle altre regioni d’Italia. In Veneto, per esempio, è stata appena lanciata una nuova stagione di interventi a favore dei giovani, sostenuta da un finanziamento di oltre 5,2 milioni di euro. Un piano che coinvolge direttamente gli Ambiti Territoriali Sociali (ATS), chiamati a tradurre le linee guida regionali in progetti concreti nei rispettivi territori, mettendo al centro temi chiave come l’inserimento lavorativo, l’inclusione sociale e la valorizzazione del protagonismo giovanile, in un’ottica di sistema e con uno sguardo integrato su scuola, lavoro, cultura e cittadinanza attiva.

Il decreto, pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione il 29 aprile, segna l’avvio di una programmazione triennale chiamata “Prendo Spazio”, orientata a prevenire l’esclusione sociale e i comportamenti a rischio, rafforzando la partecipazione attiva dei giovani nei contesti locali.

In Sardegna, invece, il ridicolo piano “Partecipo e Conto” conferma il solito approccio politico autoreferenziale e tokenista, già confermato, d’altronde, con il progetto “START: giovani e impresa” (la cui presentazione pubblica avrà luogo il prossimo 9 maggio), che ha visto i “cervelloni” dell’Esecutivo regionale proseguire nella allocazione di risorse senza il minimo slancio sinergico verso i beneficiari finali: ricordiamolo, i giovani sardi.

Il contrasto con altre realtà regionali, insomma, è netto: mentre nel resto del Paese crescono le risorse e l’impegno politico per offrire ai giovani opportunità e strumenti concreti, sull’isola si registrano ancora ritardi cronici, politiche di scarso impatto (e calate dall’alto) e un’assenza di strategia complessiva. Una differenza che rischia di aumentare il divario sociale, culturale ed economico tra le regioni, a discapito soprattutto delle nuove generazioni.

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