Sardegna

Giovani e digitale, l’allarme del Moige: “Il 55% passa più di tre ore al giorno online”.

Oltre la metà dei ragazzi italiani tra gli 11 e i 18 anni trascorre più di tre ore al giorno online, spesso senza piena consapevolezza dei rischi legati alla rete. È quanto emerge dall’indagine Moige–Istituto Piepoli su 1.546 studenti di scuole medie e superiori, condotta nel 2025 nell’ambito del progetto “Educyber Generations”.

Un lavoro di ricerca che, se mai ci fosse il bisogno di rimarcarlo, fotografa una generazione immersa nel digitale “senza bussola né salvagente”, come la definiscono i ricercatori, con abitudini che richiedono interventi educativi urgenti.

Oltre tre ore al giorno online.

Il 55% dei ragazzi trascorre almeno tre ore al giorno su internet, mentre il 14% supera le cinque ore. Lo smartphone è lo strumento più utilizzato (93%), seguito da laptop e tablet.
Questa immersione digitale genera tensioni familiari e ansia: il 43% riceve richiami per l’uso eccessivo dei dispositivi e solo il 22% riesce a staccare senza disagio.

Social network, tra vetrina e identità.

Il 94% dei giovani frequenta regolarmente i social network. WhatsApp guida la classifica (87%), seguita da TikTok (58%), Instagram (57%) e YouTube (55%).
Il 64% dichiara di essere molto attivo online e il 63% utilizza la propria vera identità. Solo il 17% produce contenuti personali, mentre la maggioranza resta fruitrice passiva.
Nonostante il 91% affermi di avere più amici nella vita reale che in rete, la gestione dell’identità digitale resta una criticità crescente.

Incontri e rischi con sconosciuti.

Il 30% dei ragazzi accetta richieste di amicizia da persone mai conosciute e il 23% ha incontrato di persona sconosciuti conosciuti online — percentuale che sale al 31% tra i 15 e i 17 anni.
Solo il 5% condivide regolarmente dati privati, ma la disinvoltura con cui i minori interagiscono in rete espone a rischi concreti come sexting, revenge porn e fake news.
Il 48% è caduto almeno una volta in una notizia falsa, e solo il 52% verifica sempre la fonte.

Cyberbullismo: colpito un ragazzo su quattro.

Il 7% dei giovani dichiara di essere stato vittima di cyberbullismo, mentre il 16% ha assistito come testimone. In totale, quasi un quarto degli intervistati è stato coinvolto in episodi di violenza digitale.
Le forme più comuni sono esclusioni da gruppi, insulti, pettegolezzi e hate speech. Solo il 12% interviene a difesa della vittima e il 5% segnala i fatti a un adulto.

Privacy e sicurezza ancora deboli.

Meno della metà dei ragazzi (47%) discute le impostazioni di privacy con un adulto e solo un numero analogo utilizza filtri per contenuti inappropriati.
Il 49% ritiene che le piattaforme non proteggano adeguatamente i dati dei minori, mentre appena il 10% si fida delle misure adottate dai social.
Un quadro che evidenzia un’urgenza: potenziare l’educazione digitale e rafforzare la vigilanza familiare e istituzionale. Ma, su questi aspetti, le politiche di governo e delle regioni italiane (fatte poche eccezioni) lasciano molto a desiderare per usare un eufemismo.

Intelligenza artificiale: strumento o scorciatoia?

L’IA, spiegano ancora i ricercatori, è ormai parte della quotidianità dei giovani: il 51% la usa regolarmente, con un picco del 71% tra gli studenti delle superiori.
Il 29% la impiega per fare i compiti (54% tra i 15-17enni), ma solo il 21% ha ricevuto una formazione adeguata sui rischi.
Un terzo degli intervistati (33%) dichiara di aver ricevuto informazioni errate dagli strumenti di IA, segno di un uso poco critico e potenzialmente fuorviante.

Famiglie e scuole: l’urgenza di un’alleanza educativa.

Solo il 45% dei genitori impone regole sull’uso dei dispositivi, percentuale che cala con l’età dei figli.
A scuola, appena il 21% degli studenti riceve lezioni specifiche sulla sicurezza digitale. Il 56% ritiene che la protezione passi soprattutto attraverso il dialogo con adulti di fiducia e regole condivise.

L’appello del Moige: “Serve un impegno condiviso”.

Durante la presentazione del rapporto, il Moige ha sottolineato la necessità di un’educazione digitale che non imponga solo divieti, ma insegni a comprendere e scegliere. Insomma, un circuito di istruzione ed educazione capace di sostenere lo sviluppo del pensiero critico tra i giovani. Una missione osteggiata, per esempio, guardando le valutazioni delle proposte progettuali Erasmus+ e Corpo Europeo di Solidarietà, effettuate dai valutatori esterni dell’Agenzia Italiana per la Gioventù. Criticità evidenziate, recentemente, anche al Parlamento europeo.
“La popolarità online – ha detto – non deve diventare il metro del valore personale. Serve un impegno comune di genitori, istituzioni e piattaforme per guidare i ragazzi verso un uso consapevole della tecnologia.

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