Finanziamenti UE alle ONG senza adeguati controlli: la Corte dei Conti denuncia, la Commissione minimizza.
L’Unione europea finanzia organizzazioni non governative su larga scala senza sufficienti controlli o trasparenza. È quanto emerge dallo Special Report 11/2025 della Corte dei Conti europea, che evidenzia gravi criticità nella gestione dei fondi pubblici destinati alle ONG: mancanza di verifiche sull’indipendenza degli enti beneficiari, uso ideologico delle sovvenzioni e un’elevata concentrazione dei fondi in poche mani.
Secondo il rapporto, oltre il 40% dei finanziamenti UE finisce a un numero ristretto di organizzazioni privilegiate dalla Commissione, l’85% delle quali dipende quasi esclusivamente da fondi pubblici. Alcune di queste strutture sarebbero in realtà al servizio di interessi commerciali o politici, senza legittimazione democratica e spesso impegnate in campagne di stampo ideologico – in particolare su immigrazione, diritti sociali e minoranze – finanziate con risorse pubbliche europee.
A seguito di un’interrogazione scritta presentata dall’eurodeputato Jean-Paul Garraud (Identità e Democrazia), la risposta fornita dalla Commissione europea il 27 giugno – firmata dal commissario Serafin – è apparsa molto al di sotto delle aspettative, senza alcuna proposta concreta di riforma.
La Commissione si è limitata a ricordare che, secondo la definizione attuale contenuta nel Regolamento finanziario UE, un’organizzazione può essere considerata un’ONG anche se svolge attività economiche, purché non distribuisca utili ai soci. Nessun vincolo, tuttavia, sull’eventuale promozione di interessi privati o campagne politiche mascherate da azione civile.
Quanto alla trasparenza dei finanziamenti, l’esecutivo europeo ha rivendicato la pubblicazione dei dati sul Financial Transparency System (FTS), ammettendo però che non vi è alcun obbligo di rendicontare le attività di advocacy sostenute tramite fondi europei. Una scelta che di fatto impedisce ai cittadini di sapere in che modo vengano utilizzati i fondi pubblici.
Il riferimento alla registrazione nel Transparency Register appare poco incisivo: le ONG, pur non rappresentando interessi commerciali, devono solo indicare fonti di finanziamento superiori a 10.000 euro, senza un quadro dettagliato delle loro attività politiche.
Nessun impegno, infine, da parte della Commissione a subordinare i finanziamenti alla piena trasparenza sulle fonti e sugli obiettivi politici delle ONG, né tantomeno a modificare i criteri di eleggibilità. Un atteggiamento che, secondo diversi osservatori, espone l’UE al rischio di finanziare indirettamente gruppi di pressione ideologici, sottraendoli al dibattito democratico e al controllo pubblico.
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