Difesa europea, la sveglia ucraina: budget in aumento, ma servirà molto di più.
In Europa, dopo anni di “sottofinanziamento militare” si sta assistendo alla crescita dei bilanci per la Difesa degli Stati membri: dai 218 miliardi di euro del 202, infatti, si è passati ai 326 miliardi nel 2024, con un’ulteriore espansione di oltre 100 miliardi prevista entro il 2027. Ma, guardando le somme investite da Russia e Cina per la difesa e le politiche recenti della Commissione europea, la “corsa agli armamenti” dei Paesi Ue richiederà un maggiore vigore.
I 27 Stati membri dell’UE, infatti, stando a quanto concordato nel 2014 durante il vertice NATO in Galles, avrebbero dovuto destinare almeno il 2% del PIL alla difesa. Tuttavia, ricorda un recente studio di Sebastian Clapp, nel 2021 solo 7 Paesi rispettavano questo impegno. E mentre Russia e Cina negli ultimi 10 anni hanno incrementato i propri bilanci militari del 300% e 600%, l’UE si è limitata a un timido +20% fino al 2022. Dunque, se tutti gli Stati membri avessero rispettato il target del 2% dal 2006 al 2020, oggi l’Europa disporrebbe di 1.100 miliardi di euro in più per la propria sicurezza.
L’Unione, perennemente indietro, ha iniziato a reagire concretamente solo dopo il 2022, con l’inizio della guerra in Ucraina. Al vertice di Versailles, infatti, i leader UE promisero di investire “più e meglio” nella difesa. Lo stesso documento rinominato “Bussola Strategica” al tempo tracciò la nuova rotta fino al 2030. Da lì, una serie di iniziative hanno trasformato la difesa in una priorità politica chiave, come ricorda la nomina del primo commissario europeo per la Difesa e lo Spazio da parte della Commissione von der Leyen e il varo della prima strategia industriale europea per la difesa.
Rimanendo nello stesso perimetro, lo scorso 4 marzo 2025, la von der Leyen ha lanciato il piano “ReArm Europe – Readiness 2030“, che prevede di mobilitare 800 miliardi di euro entro il 2029, di cui 150 miliardi in prestiti UE. Per incentivare la spesa nazionale, la Commissione, nell’occasione, ha proposto anche l’attivazione della “clausola di salvaguardia” del Patto di stabilità per consentire fino all’1,5% di PIL extra in spesa per la difesa. Per anni gli Stati non hanno potuto modificare di una virgola la propria spesa (ricordiamolo il dogma del 3%) ma per le armi…
Nel frattempo, come ricorda qualsiasi fatto o avvenimento in Ue, persistono ampie differenze regionali tra Stati membri. Si spende di più per le armi in Germania (90,6 miliardi di euro, pari al 2,12% del PIL), dove il Bundestag ha approvato un’esenzione dai limiti di debito per la spesa in sicurezza oltre l’1% del PIL, aprendo a un fondo da 500 miliardi per difesa e infrastrutture.
Segue la Francia, con 59,6 miliardi (2,06%), mentre il presidente Macron punta al 3,5%, sebbene senza scadenze precise. Ma è la Polonia a stupire: con una crescita record del 52,3% nel 2023 e del 16,9% nel 2024, ha raggiunto il 4,12% del PIL, diventando il primo Paese NATO per investimento pro capite e mirando al 4,7% nel 2025.
Al contrario, Italia e Spagna restano indietro. Madrid ha registrato una crescita minima dopo un decennio fermo, ma nel 2024 ha visto una nuova battuta d’arresto per mancanza di bilancio. Roma (la cui spesa è di 31,96 miliardi di euro, pari all’1,49% del PIL) ha ripreso a crescere solo dal 2022, tornando ai livelli reali del 2008, ma promette di raddoppiare la spesa nei prossimi quattro anni, fino al 3% del PIL.
© European Union, 2025
foto Air Force Airman 1st Class Robert Nichols