Cyberbullismo, la risposta parte dai territori.
In un’Europa sempre più connessa, dove l’accesso alle tecnologie digitali inizia in tenera età e il confine tra vita reale e virtuale si assottiglia, il cyberbullismo è diventato una delle sfide sociali più urgenti. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il cyberbullismo è in aumento. I dati raccolti tra il 2018 e il 2022 mostrano che il numero di adolescenti che riferiscono di essere stati bullizzati online è cresciuto: dal 12% al 15% tra i ragazzi e dal 13% al 16% tra le ragazze. L’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali stima che uno su tre giovani europei tra i 15 e i 29 anni abbia vissuto episodi di cyberbullismo.
Le forme di violenza online variano a seconda dell’età e del genere: secondo l’EIGE, le ragazze sono più esposte a bullismo online e diffusione non consensuale di immagini intime, mentre le donne adulte sono spesso vittime di furti d’identità o molestie digitali.
Il fenomeno, inoltre, non risparmia nessuno: il cyberbullismo colpisce adulti, bambini, partner in relazioni tossiche e persino sconosciuti. Alcune ricerche indicano che il 3,5% dei minori nel mondo ha subito sextortion nell’ultimo anno, e il grooming è sempre più spesso facilitato da contenuti deepfake e pornografia generata da IA.
Le istituzioni europee hanno tracciato un quadro normativo solido, ma sono i comuni, le scuole, le regioni e le comunità locali a trasformare leggi e strategie in soluzioni concrete.
Nel nostro Paese – come indicato in un lavoro di ricerca di Colin Murphy per il Parlamento europeo – il Ministero dell’Istruzione ha attivato la piattaforma ELISA, uno spazio formativo per docenti con corsi online e buone pratiche contro il bullismo e il cyberbullismo. Esempi regionali mostrano come l’Italia stia declinando il contrasto alla violenza digitale con interventi territoriali: A Bolzano, scuole di ogni ordine e grado partecipano al Safer Internet Day con attività dedicate. In Friuli Venezia Giulia, è stato attivato un servizio di supporto psicologico per studenti delle scuole primarie e secondarie. In Valle d’Aosta, un programma di tutoring aiuta gli studenti vittime di bullismo. In Calabria, un progetto simula processi penali contro il cyberbullismo, coinvolgendo scuole e istituzioni locali.
Le esperienze si moltiplicano anche oltre i confini italiani. In Irlanda, nel Wicklow, il programma It Takes a Village ha portato genitori di otto scuole primarie a firmare un patto per rinviare l’acquisto dello smartphone ai figli. A livello nazionale, è stato lanciato il piano Cineáltas, con un focus chiaro sul cyberbullismo scolastico.
In Polonia, la Fundacja Czaskobiet ha sviluppato un originale “metro della cyber-violenza”, una guida visuale che aiuta le donne a riconoscere comportamenti digitali abusivi.
In Olanda, il progetto TABASCO ha coinvolto influencer e studenti per ideare messaggi digitali positivi. Mentre in Portogallo, la città di Boticas ha promosso workshop su bullismo e cyberbullismo nell’ambito del programma nazionale CLDS-4G.
In Svezia, l’Ispettorato scolastico ha analizzato le strategie adottate da 30 scuole per creare ambienti online sicuri, producendo un report di buone pratiche.
In Slovacchia, la città di Prešov ha creato squadre scolastiche di supporto e promosso una performance teatrale interattiva per educare gli studenti ai rischi digitali.
La Slovenia, attraverso la città di Koper, ha organizzato il workshop “Chi comanda: tu o la macchina?” per promuovere la consapevolezza sui pericoli digitali, come sexting, grooming, cyberstalking e furto d’identità.
Nel 2016, la comunità autonoma di Navarra ha lanciato il programma Laguntza, con strumenti educativi per contrastare bullismo e cyberbullismo. Dal 2023, è disponibile un portale per segnalazioni dirette (convivencia.educacion.navarra.es), mentre l’Andalusia porta avanti ConRed Andalucía, con corsi formativi e campagne di prevenzione nelle scuole.
Il fenomeno del cyberbullismo ha caratteristiche transfrontaliere, ma le risposte più efficaci nascono a livello locale. Come dimostrano queste esperienze, non esiste una soluzione unica, ma un mosaico di interventi che coinvolge istituzioni, educatori, famiglie, associazioni e gli stessi giovani.