Covid-19: l’impatto sul settore agroalimentare

Per far ripartire al meglio e nella giusta direzione il settore agroalimentare bisogna prima conoscere l’impatto sul settore provocato dalle misure di contenimento della pandemia da Covid-19. Sulla base di questa premessa il CREA (Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria) ha realizzato lo studio “Valutazione dell’impatto sul settore agroalimentare delle misure di contenimento Covid-19”.

Lo studio, coordinato da Annalisa Zezza e realizzato da Roberto Solazzo e Federica Demaria, riporta le simulazioni sul medio periodo dell’andamento del settore, effettuate con AGMEMOD e CAPRI, due modelli econometrici ben consolidati nell’analisi dei trend dell’agroalimentare. 

Nei modelli sono stati ipotizzati scenari alternativi di riduzione del PIL, compresi in una forbice che va da -1,5 a -5 punti percentuali, sulla base delle indicazioni inizialmente fornite dai diversi studi internazionali. Di fatto, tale riduzione risulta oggi sottostimata, per cui gli effetti potrebbero essere amplificati in una misura variabile dalla durata del lockdown. All’interno dei modelli, il calo della domanda dell’Horeca (Hotellerie-Restaurant-café) è catturato dalla contrazione del PIL. Laddove, come prevedibile, il calo del valore aggiunto nella ristorazione fosse maggiore rispetto alla variazione del PIL, i riflessi in termini di domanda e di reddito sull’agroalimentare sarebbero amplificati.

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I risultati dei modelli e il raffronto con le evidenze degli altri studi, mostrano come l’agroalimentare non sia tra i settori più colpiti dal calo del PIL. Non vi dovrebbe essere una riduzione significativa della produzione, quindi, considerato anche il livello delle scorte mondiali, la sicurezza alimentare non sarà un problema. Anche la domanda interna si dovrebbe mantenere su livelli sostanzialmente stabili.

Per lo scenario previsto dal modello AGMEMOD, si prospettano in calo fino al 2023, soprattutto i consumi di mele e di latte; quelli di carni, formaggi, cereali e derivati risulterebbero in linea, o in lieve diminuzione, rispetto alle precedenti stime. La bassa elasticità della domanda dei prodotti agroalimentari, come nella crisi del 2008-09, permette al comparto di rispondere meglio alle crisi economiche rispetto ad altri settori produttivi. Questo avviene anche per gli scambi internazionali, dove, però, si prevedono in calo sia le esportazioni che le importazioni.

Quest’ultimo dato, considerato la natura “trasformatrice” del nostro agroalimentare, potrebbe determinare situazioni di difficoltà in alcune filiere. I prodotti più interessati da una riduzione delle importazioni, rispetto alle stime pre-Covid, sarebbero le carni di pollo e di maiale. Rimarrebbero, invece, sostanzialmente in linea con le previsioni, gli acquisti dall’estero di cereali e formaggi. Per il comparto avicolo si evidenzia anche un rallentamento della crescita delle esportazioni, che sono, invece, in ulteriore miglioramento per le mele. Riguardo ai prezzi, una flessione rispetto alle stime pre-crisi riguarderebbe carne di pollo, grano duro e derivati e formaggi. Per questi ultimi si tratterebbe di un’attenuazione della crescita prevista dalle stime precedenti.

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Agricoltura, foto europarl.europa.euLo scenario del modello CAPRI mostra, invece, una riduzione consistente del reddito agricolo (per ettaro) e zootecnico (per capo allevato) in entrambi i casi superiore all’ipotizzata variazione del PIL. Il comparto zootecnico sarebbe maggiormente colpito dal calo di redditività. In confronto agli altri Paesi europei, il settore agricolo italiano sembra, comunque, meglio sopportare lo shock pandemico, probabilmente per il peso rivestito dall’ortofrutta che risentirebbe in misura minore di altri comparti della crisi di reddito. Tale effetto potrebbe essere imputato, almeno in parte, alla maggiore diffusione sul territorio nazionale delle filiere agroalimentari (nazionali e locali).

Alla luce degli scenari previsti da questi due modelli le politiche consigliate dallo studio del CREA raccomandano di evitare la carenza di manodopera e di facilitare l’accesso delle imprese al lavoro sia degli immigrati che della forza lavoro disponibile da altri settori, garantendo la sicurezza delle condizioni di lavoro. Ancora, facilitare il trasporto e la logistica dei prodotti deperibili (latte fresco, ortofrutticoli) e riconoscere come “essenziali” tutte le parti della filiera, a monte e a valle, comprese ad esempio mangimistica e packaging, al fine di non intaccare la catena produttiva. 

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I risultati della ricerca consigliano anche di garantire la liquidità alle imprese, la sospensione dei pagamenti delle imposte sulle società e l’applicazione del regolamento dei minimis: rafforzare la tracciabilità, in modo da evitare ingiustificate crisi di fiducia sulla food safety e, al tempo stesso, rafforzare i controlli anche alle frontiere, e di vigilare su eventuali barriere sanitarie e fitosanitarie nelle relazioni commerciali.

foto europarl.europa.eu

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