Consiglio dell’UE: “Sì alla raccomandazione sul reddito minimo”.

Il Consiglio dell’UE ha adottato oggi una raccomandazione sul cosiddetto reddito minimo adeguato.

Sebbene tutti gli Stati membri dispongano di reti di sicurezza sociale, i progressi nel renderle accessibili e adeguate sono stati disomogenei. Il Consiglio, pertanto, ha raccomandato agli Stati membri di rafforzare, ove necessario, le reti di sicurezza sociale combinando un adeguato sostegno al reddito attraverso prestazioni di reddito minimo e altre prestazioni monetarie di accompagnamento, prestazioni in natura e dando accesso a servizi abilitanti ed essenziali. 

Nel provvedimento gli Stati membri hanno chiesto di stabilire il livello del reddito minimo attraverso una metodologia solida e trasparente, in conformità con il diritto nazionale e coinvolgendo le parti interessate, tenendo conto delle fonti di reddito complessive, delle esigenze specifiche e delle situazioni svantaggiate delle famiglie. 

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Al fine di promuovere la parità di genere, la sicurezza del reddito e l’indipendenza economica delle donne, dei giovani adulti e delle persone con disabilità, il Consiglio raccomanda inoltre la possibilità di richiedere il reddito minimo da fornire ai singoli membri del nucleo familiare.

Gli Stati membri, inoltre, dovrebbero raggiungere gradualmente il livello adeguato di sostegno al reddito entro il 2030, salvaguardando nel contempo la sostenibilità delle finanze pubbliche.

Il reddito minimo, ricordano dal Consiglio dell’UE, è un elemento chiave nelle strategie per uscire dalla povertà e dall’esclusione: “Contribuisce a sostenere una ripresa sostenibile e inclusiva in tempi di crisi economica”.

Nonostante i progressi dell’ultimo decennio, nel 2021 oltre 95,4 milioni di persone sono ancora a rischio di povertà o esclusione sociale, rischio che rischia di essere più alto per le donne e i giovani. La pandemia di COVID-19 ha evidenziato i vantaggi sociali ed economici di ammortizzatori sociali adeguati e mirati, con misure di contenimento che hanno un impatto sproporzionato sulle donne e sui gruppi svantaggiati, soprattutto in termini di accesso all’assistenza sanitaria e all’istruzione.

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