Comitato sardo per la nuova legge elettorale: “Siamo contro le attuali regole”.
Il comitato sardo per la nuova legge elettorale statutaria, si è ritrovato oggi per denunciare il carattere antidemocratico delle attuali regole elettive nell’isola come ricordato dalla segretaria del Partito dei Rosso Mori, Lucia Chessa: “Il comitato vuole riportare l’attenzione sulla grave sottrazione di democrazia della quale sono vittima le cittadine e i cittadini della Sardegna, perché l’attuale legge elettorale sarda non è democratica e attraverso diversi artifici normativi, produce consiglieri regionali che non rispecchiano la volontà espressa dai sardi. Vogliamo una riforma della legge elettorale sarda in senso proporzionale, che garantisca l’uguaglianza del voto senza gli stravolgimenti generati da qualunque premio di maggioranza e soglie di sbarramento, nel rispetto della parità di genere e che abbandoni definitivamente il modello presidenziale e l’elezione diretta del presidente, restituendo centralità al Consiglio Regionale”. Un aspetto, quest’ultimo, difficilmente condivisibile riflettendo sul principio della difesa della legittimazione popolare del Governatore della Regione che, attraverso una elezione di secondo grado, appannaggio esclusivo dei partiti, renderebbe la politica regionale decisamente più autoreferenziale.
Contro le percentuali di sbarramento, successivamente, si è espresso Enrico Lai, segretario regionale di Rifondazione Comunista: “Le quote di sbarramento al 5% per le liste singole e al 10% per le coalizioni lasciano privi di rappresentanza decine di migliaia di cittadini e cittadine, scoraggiano l’esercizio del diritto di voto per coloro che non si riconoscono negli schieramenti più forti e incrementano l’astensionismo in una regione in cui già non va più a votare quasi la metà degli aventi diritto. Agli effetti distorsivi della volontà popolare dovuti alle quote di sbarramento, si sommano quelli causati dal premio di maggioranza. La legge elettorale sarda attribuisce al presidente eletto il 60% dei seggi se raggiunge il 40% dei voti e il 55% dei seggi se raggiunge il 25% dei voti”.
Una asimmetria, tra il risultato elettorale e la composizione del Consiglio Regionale, evidenziata anche da Giovanni Fancello di Potere al Popolo Sardegna: “L’assemblea sarda con l’attuale legge elettorale antidemocratica finisce per fotografare una Sardegna che non c’è e consegnare il governo regionale a maggioranze finte ed artefatte. Ancora più grave la questione della rappresentanza femminile in consiglio regionale che nonostante l’introduzione della doppia preferenza di genere ha dimostrato nei risultati l’assoluta inefficacia rispetto all’obiettivo di portare la rappresentanza femminile a livelli minimi di civiltà”.