Cnel: “L’emigrazione giovanile mette in crisi la competitività del Paese”.

L’Italia, Paese “ricco e democratico” membro dell’infallibile Ue, si conferma una nazione di emigranti. Come agli albori del 1900, anche oggi, nella “diversamente opulenta” Italia i giovani continuano a emigrare in altri Paesi, in cerca di opportunità migliori, ricordandoci, tutto sommato, che “pizza, pasta e mandolino” sono capisaldi italici sempre meno entusiasmanti per le nuove generazioni italiane.

Un fenomeno, che la classe dirigente non è mai riuscita a risolvere (grazie al c**** verrebbe da dire, in assenza di interventi da parte del Legislatore) e che continua a minare la competitività della nazione e la stessa coesione sociale.

Ultimo in ordine di arrivo a rimarcare “quanto tutti ormai sanno”, è stato l’ex ministro Renato Brunetta, oggi presidente del CNEL, commentando i dati dell’indagine della Fondazione Nord Est, incentrato proprio sui flussi dell’emigrazione giovanile italiana: “L’emigrazione dei giovani italiani ha grandi impatti sulla crescita potenziale dell’Italia. A cascata, produce effetti anche sulla tenuta del welfare e sui servizi sanitari. Senza dimenticare la difficoltà per le imprese di trovare lavoratori e la riduzione della natalità delle imprese stesse”.

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Senza contare, andrebbe aggiunto, che lo stesso processo di invecchiamento della popolazione produce ricadute negative sui consumi, sull’attrattività degli investimenti dall’estero (chi vorrebbe mai investire in un Paese vecchio e senza competenze?) e sulle cosiddette “svolte digitali e green”, dal momento che i giovani sono nativi digitali e più sensibili alle questioni ambientali.