Certificato di verginità, Identità e Democrazia: “Pratica ancora autorizzata all’interno dell’UE”.

Nonostante la difesa dei valori della dignità umana, della libertà, della democrazia e dello Stato di diritto da parte dell’UE, sembrano permanere, nei singoli Stati membri, pratiche e procedure a dir poco obsolete e anacronistiche, come nel caso del certificato di verginità, come ricordato dagli esponenti del gruppo Identità e Democrazia* del Parlamento europeo.

“Nel quadro di un disegno di legge contro il separatismo religioso, il governo francese intende vietare il rilascio di certificati di verginità e penalizzare il personale medico che li fornisce. Veniamo così a conoscenza dell’esistenza di tale pratica all’interno dell’Unione”.

Un certificato, inteso a “dimostrare” la verginità di una donna, attraverso un apposito esame ginecologico volto a determinare se si sia già verificato un rapporto vaginale, spesso richiesto da un parente per dimostrare la verginità di una futura sposa nell’ambito di un matrimonio religioso.

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Una palese violazione dei diritti della donna per i firmatari dell’interrogazione parlamentare: “Ricordiamo che la succitata pratica rappresenta non solo una violazione delle norme etiche e dei diritti fondamentali delle donne, ma anche un violento attacco nei confronti della loro integrità”.

Sulla questione oggi è intervenuta la Commissaria all’Uguaglianza, Helena Dalli per la quale “i cosiddetti test di ‘verginità’ non sono legati a una specifica religione o ad uno specifico credo, e non hanno alcun valore scientifico. Tali test non rispettano l’autonomia e l’integrità fisica delle donne, ma si basano su miti e nozioni obsolete di “purezza”.

“La strategia dell’UE per la parità di genere 2020-2025 – ha aggiunto l’esponente della Commissione von der Leyen – presenta gli obiettivi politici e le azioni della Commissione in materia di parità di genere, che includono gli scambi di buone pratiche tra gli Stati membri e i portatori di interessi sugli aspetti di genere della salute, compresa quella sessuale e riproduttiva e i relativi diritti” ricordando, però, che “i poteri normativi in materia di salute sessuale e riproduttiva e dei relativi diritti spettano agli Stati membri, non alla Commissione europea”.

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Foto Parlamento europeo

*Annika Bruna (ID), Gilles Lebreton (ID), Jean-Lin Lacapelle (ID), Jérôme Rivière (ID), Mathilde Androuët (ID), Virginie Joron (ID), André Rougé (ID), Joëlle Mélin (ID), Jaak Madison (ID), Elena Lizzi (ID), Guido Reil (ID), Gerolf Annemans (ID), Julie Lechanteux (ID), Catherine Griset (ID), Laura Huhtasaari (ID), Herve Juvin (ID), Gianantonio Da Re (ID), Hélène Laporte (ID), Maxette Pirbakas (ID).