Centri per i rimpatri in Albania: dubbi sulla conformità alle norme UE. Commissione UE: “Tutto in regola”.
Si riaccende il dibattito sul controverso accordo tra Italia e Albania per l’istituzione di centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di migranti sul territorio albanese. Un gruppo di eurodeputati appartenenti ai gruppi S&D, Verdi/ALE e The Left ha presentato un’interrogazione scritta alla Commissione europea, sollevando perplessità sulla conformità dell’accordo alle normative, ai principi e agli standard dell’Unione Europea.
L’interrogazione fa riferimento al decreto approvato dal Consiglio dei Ministri italiano il 28 marzo 2025, con cui viene formalizzata la riconversione dei centri in Albania a fini di trattenimento per il rimpatrio. Il 31 marzo, il portavoce della Commissione aveva affermato che tale decisione risultava “in linea con la legge UE”, dichiarazione che ha spinto i parlamentari a chiedere chiarimenti più precisi.
Secondo i firmatari, la normativa europea attualmente in vigore non prevede la gestione extraterritoriale dei rimpatri, escludendo esplicitamente la possibilità di istituire Cpr in Paesi terzi. Inoltre, viene ricordato che l’UE non consente l’espulsione forzata verso Stati terzi diversi dal Paese d’origine o di transito, salvo la presenza di accordi bilaterali di riammissione. In più, nel 2018 la Commissione aveva già escluso l’ipotesi di aprire centri di questo tipo fuori dall’Unione.
Nel testo si richiama anche la necessità di rispettare il primato del diritto europeo in materia di asilo e migrazione, il principio di legalità, il diritto al ricorso effettivo e soprattutto il principio di non respingimento, sancito dagli articoli 18, 20, 21 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE.
Nella risposta del commissario Magnus Brunner, invece, la Commissione Ue (ponendosi anche in contrasto con l’ultimo pronunciamento della Corte di Cassazione italiana) ha dichiarato che “uno dei centri previsti dall’accordo italo-albanese può essere utilizzato come Cpr sotto la giurisdizione e legislazione italiane, anche se fisicamente situato in Albania. Si tratterebbe, ha aggiunto, di una fase intermedia prima del rimpatrio verso un Paese terzo”.
Brunner ha inoltre richiamato la Direttiva Rimpatri, che prevede norme comuni per il trattenimento e il rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi in situazione irregolare, precisando che tutte le procedure devono comunque rispettare la Carta dei diritti fondamentali dell’UE, il diritto internazionale e il principio di non respingimento.
Nonostante la risposta ufficiale, permangono dubbi tra gli eurodeputati sull’effettiva compatibilità del modello con i principi giuridici comunitari. La questione rischia di diventare un caso politico e giuridico di primo piano, soprattutto se dovessero emergere violazioni concrete dei diritti delle persone trattenute nei centri.
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