Caso “debanking”, cresce l’allarme in Europa, PfE: “Conti chiusi per motivi ideologici”.
Continua il dibattito europeo sulla pratica del cosiddetto “debanking”, ossia la chiusura di conti correnti da parte degli istituti bancari per motivi non riconducibili a ragioni finanziarie. Un fenomeno che, secondo alcuni eurodeputati, starebbe prendendo piede in diversi Paesi membri, sollevando timori per possibili discriminazioni legate a opinioni politiche, filosofiche o identitarie.
A porre il tema alla Commissione europea è un gruppo trasversale di parlamentari — provenienti dai gruppi PfE, ESN, ECR, PPE e Non Iscritti — che richiama l’attenzione sull’obbligo, sancito dalla Direttiva 2014/92/UE, di garantire a ogni cittadino europeo il diritto a un conto di pagamento di base.
La richiesta degli eurodeputati.
Secondo i firmatari dell’interrogazione, è necessario chiarire i criteri che giustificano la chiusura di un rapporto bancario, escludendo in modo esplicito qualsiasi fondamento ideologico e tutelando il principio di parità di trattamento tra cittadini, associazioni e imprese.
La domanda a Bruxelles.
“Come può l’UE garantire che la chiusura di conti bancari non avvenga per motivi non finanziari, preservando l’uguaglianza tra i titolari e scongiurando discriminazioni basate su opinioni politiche o filosofiche?”, si legge nel provvedimento dei firmatari.
Il nodo politico.
Il tema si inserisce in un quadro più ampio di discussione su libertà individuali, neutralità del sistema finanziario e tutela da discriminazioni politiche. Nel mirino, la paura che soggetti o associazioni non allineati a determinati orientamenti possano essere penalizzati dall’accesso ai servizi bancari.
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