Europa

Bruxelles raddoppia il personale per il DSA: allarme “macchina della censura” finanziata dai cittadini UE.

L’Unione Europea si prepara a rafforzare drasticamente la propria capacità di controllo sui contenuti online, con una massiccia campagna di assunzioni per implementare il Digital Services Act (DSA). La Commissione punta ad arrivare a 202 unità di personale entro la fine del 2025, raddoppiando i numeri del 2024. È quanto emerge da una risposta scritta del 27 giugno, firmata dalla commissaria Henna Virkkunen, a un’interrogazione degli eurodeputati Petra Steger (PfE) e Mary Khan (ESN).

Dietro l’obiettivo dichiarato di combattere la disinformazione, crescono i timori che Bruxelles stia costruendo una struttura centralizzata di controllo dell’informazione, sempre più estesa e opaca. Il sospetto – condiviso da parte dell’opinione pubblica e da diversi gruppi politici – è che questa “forza DSA” venga impiegata non solo contro contenuti illegali, ma anche contro opinioni sgradite al potere politico.

Secondo la Commissione, il piano prevede 202 Full-Time Equivalents (FTEs) entro dicembre 2025. Due bandi di selezione sono già stati pubblicati, ma nessuna informazione dettagliata è stata fornita sui criteri specifici di selezione, se non un generico riferimento al rispetto delle procedure UE standard.

Il costo complessivo stimato per il personale DSA nel solo 2025 è pari a 29,21 milioni di euro, una cifra coperta dai “supervisory fees” riscossi nel 2024 da piattaforme online di grandi dimensioni come Google, Facebook e TikTok. Tuttavia, il denaro proviene comunque da contribuenti e utenti europei, dato che tali costi si riflettono nei prezzi dei servizi digitali e nella tassazione indiretta.

La Commissione afferma che il DSA non regola direttamente i contenuti né impone rimozioni specifiche, ma stabilisce obblighi per le piattaforme e meccanismi di mitigazione dei rischi legati alla disinformazione e all’hate speech. Tuttavia, il rischio di sovra-rimozioni e di pressione politica sulle piattaforme è concreto, soprattutto in assenza di trasparenza e con un organico potenziato in modo così massiccio.

La rassicurazione formale che ogni decisione può essere impugnata davanti alla Corte di Giustizia UE non dissipa i dubbi sull’equilibrio tra sicurezza e libertà di espressione. Inoltre, resta poco chiaro quali strumenti siano previsti per garantire la neutralità politica delle nuove assunzioni e per prevenire derive ideologiche nel monitoraggio dei contenuti.

Mentre molti Paesi nel mondo stanno restringendo gli strumenti di censura digitale e rivedendo politiche di moderazione in senso più liberale, l’Unione Europea sembra prendere la direzione opposta, centralizzando il potere di sorveglianza e controllo dell’informazione a Bruxelles.

Un approccio che fa temere la nascita di una “polizia del pensiero europea”, pronta a colpire non solo contenuti pericolosi o illeciti, ma anche posizioni critiche nei confronti delle istituzioni UE o di singoli governi.

Il reclutamento di centinaia di funzionari per il DSA segna quindi un bivio cruciale per la libertà di espressione in Europa, sollevando interrogativi su chi controlla i controllori e quale visione di democrazia digitale stia prevalendo nel cuore dell’Unione. Entità, sempre meno democratica e rispettosa dei valori umani, come ricordano anche le recenti politiche di “Ursula e soci”, a partire dal programma ReArm e SAFE per il riarmo dell’Ue.

foto Mediamodifier da Pixabay.com