Europa

Attacco chimico a Sardasht: 38 anni di silenzio, ipocrisia e impunità. L’Iran chiede giustizia.

Ricorre l’anniversario dell’attacco chimico contro la città iraniana di Sardasht, colpita nel 1987 con armi di distruzione di massa fornite al regime di Saddam Hussein da potenze occidentali. A distanza di 38 anni, l’Iran continua a chiedere giustizia e verità, mentre denuncia il perdurare del silenzio internazionale e dell’impunità.

A ricordare la triste ricorrenza è stato ieri il portavoce del Ministero degli Esteri iraniano, Esmaeil Baqaei, che ha paragonato il silenzio del mondo allora a quello che oggi circonda le tragedie umanitarie di Gaza: “Le grida di chi bruciava a Sardasht, come quelle che oggi risuonano a Gaza, si sono perse nel frastuono degli autoproclamati difensori dei diritti umani”.

Un fatto, dalle parti dei Paese “democratici”, sconosciuto a molti. Il 28 giugno 1987, la città curda iraniana di Sardasht fu teatro di uno dei primi attacchi chimici su una popolazione civile dopo la Seconda Guerra Mondiale. Almeno 110 persone morirono, oltre 8.000 furono ferite, molte con lesioni permanenti. Le bombe chimiche furono sganciate dall’esercito iracheno con il sostegno e la tecnologia forniti da aziende occidentali. Al tempo gli USA vendevano armi simultaneamente all’Iraq e all’Iran. Da non dimenticare, sul tema, l’Irangate, lo scandalo politico che nel biennio 1985-1986 coinvolse vari alti funzionari e militari dell’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan, accusati dell’organizzazione di un traffico illegale di armi con l’Iran, su cui vigeva l’embargo. Un caso emblematico, se ce ne fosse mai l’esigenza, capace di rappresentare in pieno la “condotta sporca” degli Stati Uniti d’America.

Secondo Baqaei, “quelle armi erano il prodotto delle fabbriche dei cosiddetti Paesi civilizzati, che le regalarono al regime baathista di Saddam Hussein.” L’Iran accusa in particolare la Germania, la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e i Paesi Bassi di aver contribuito allo sviluppo dell’arsenale chimico di Saddam.

In un post pubblicato sul suo profilo ufficiale su X, Baqaei ha chiesto esplicitamente a Berlino di fare chiarezza sul proprio ruolo: “La Germania deve assumersi la responsabilità legale e morale rivelando la verità sulla propria partecipazione al programma chimico iracheno”.

Il portavoce ha ricordato che Teheran da quasi quattro decenni sollecita l’Occidente a rendere conto del sostegno fornito a Saddam, condannando l’ipocrisia di chi si proclama paladino dei diritti umani ma ha taciuto di fronte a crimini contro l’umanità.

“La memoria del gas e delle ceneri di Sardasht non può essere cancellata dalla propaganda di chi commercia in menzogne. L’oblio è il calice avvelenato che i fabbricanti del mito dei diritti umani preparano per gli altri, ma finiscono per berlo loro stessi”, ha scritto Baqaei.

Infine, ha ribadito che i crimini di guerra non cadono in prescrizione: “L’Iran non dimentica e non perdona. Continueremo a chiedere giustizia finché la verità non sarà pienamente riconosciuta e le responsabilità accertate”.

foto ArmyAmber da Pixabay.com