Asili nido: Italia indietro nel Sud e aree interne.
Sono 28 i posti disponibili nei nidi e nei servizi prima infanzia ogni 100 bambini con meno di 3 anni. Un dato italiano in netta controtendenza (chi lo avrebbe mai detto) rispetto ai Paesi europei più rispettosi degli “obiettivi di Barcellona” che, ricordiamolo, riguardano la diffusione di nidi, servizi e scuole per l’infanzia, da offrire ad almeno il 33% dei bimbi sotto i 3 anni e al 90% di quelli tra 3 e 5 anni.
Percentuali italiane particolarmente basse nel mezzogiorno e nelle aree interne, al momento molto distanti anche dalla media nazionale, secondo l’ultima rilevazione di Fondazione Openpolis.
In termini assoluti, l’offerta di nidi sul territorio nazionale è rimasta in linea con quella dell’anno precedente (350mila posti autorizzati). Ma il calo della platea potenziale, legato alla diminuzione delle nascite, fa sì che l’offerta cresca in termini relativi.
Alla fine del 2022 il Consiglio dell’Ue ha indicato il nuovo obiettivo tendenziale del 45%. Un target modulato in base alla situazione del Paese, non tassativo, per cui gli stati oggi al di sotto del 20% dovrebbero migliorare il proprio indicatore di almeno il 90%. Mentre quelli tra 20 e 33% – come il nostro – dovrebbero migliorare di almeno il 45% o almeno fino al raggiungimento di un tasso di partecipazione del 45%.
Nell’arco dell’ultimo decennio, l’Italia, però, ha visto crescere la sua offerta potenziale: erano meno di 23 i posti ogni 100 bimbi nel 2013. Ma gli obiettivi europei restano lontani e pesano ancora molto i divari territoriali esistenti.
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